La gestione delle crisi aziendali, dopo il picco del 2021 (41% degli accordi), è scesa ai minimi nel 2022-2023 (11-14%), ma nel 2024 risale al 24%, segno delle difficoltà di alcuni comparti industriali (automotive, meccanica, tessile) e della fine del ciclo espansivo trainato dal Pnrr e dai bonus edilizi. Le cessioni di ramo d'azienda passano dal 16% nel 2023 al 49% nel 2024; le imprese preferiscono soluzioni di continuità attraverso il trasferimento di asset e personale piuttosto che chiusure o licenziamenti collettivi. Nonostante la centralità delle transizioni tecnologiche ed ambientali in corso, solo il 10% in media degli accordi aziendali contiene clausole formative: la formazione si svolge in orario di lavoro e i fondi interprofessionali sono la fonte principale di finanziamento nel 70% dei casi nel 2024. Si privilegia la riqualificazione professionale, la digitalizzazione e le nuove competenze, con particolare attenzione ai neoassunti (57%). Osserva ancora la numero uno di Via Po: ”La contrattazione aziendale e territoriale si conferma luogo privilegiato dove si costruiscono risposte concrete alle sfide che interessano il mondo del lavoro e dell'impresa, a cominciare dalla crescita dei salari e della produttività, dalla gestione delle transizioni produttive all'innovazione organizzativa, dalla valorizzazione delle competenze al rafforzamento delle tutele. Tutto si tiene dentro un quadro di relazioni industriali che esprime il massimo attraverso la partecipazione dei lavoratori alla vita e ai risultati dell'impresa. Gli accordi analizzati rappresentano lo straordinario contributo quotidiano dei delegati che operano nella prossimità delle aziende per consolidare il protagonismo del lavoro e far avanzare nuove tutele, strumenti di conciliazione, leve di crescita comuni per un lavoro più giusto, sostenibile e umano e un'impresa più competitiva e innovativa”. Aggiunge Fumaola: ”Le direttrici strategiche future devono puntare a rafforzare la presenza sindacale e contrattuale nelle Pmi e nei territori; rafforzare l'integrazione tra i livelli contrattuali (nazionale, territoriale, aziendale e sociale) per far crescere le retribuzioni; sviluppare la partecipazione come strumento di innovazione e di democrazia economica; investire maggiormente sulla formazione continua; ampliare il welfare integrativo. La sfida è trasformare la contrattazione decentrata da privilegio delle aziende e delle aree più sviluppate a vero diritto accessibile a tutti i contesti produttivi, per il miglioramento della qualità del lavoro e della vita delle persone, ma anche per rilanciare la ricchezza prodotta distribuendola su buste paga più pesanti e orari più leggeri”. Conclude la leader Cisl: ”Nelle aziende, come anche nel disegno delle politiche economiche, siamo chiamati a uno sforzo di corresponsabilità che guardi all'obiettivo di un Patto per lo sviluppo e la modernizzazione del paese. Un'Intesa che parta dal lavoro e metta al centro la persona, coinvolgendo tutte le parti sociali e il governo, per mettere in campo strumenti e riforme stabili, eque, durature, capaci di rispondere alle grandi trasformazioni industriali, tecnologiche, demografiche, che stanno attraversando la società”.
Giampiero Guadagni
