È sempre il prezzo del petrolio a condizionare l’atteggiamento degli investitori. La fine delle sanzioni nei confronti dell’Iran come conseguenza dell’accordo sull’energia nucleare di fatto comporterà un ulteriore incremento dell’offerta di barili su un mercato che già sconta l’indebolimento della domanda globale. Tutto questo contribuisce a spingere ancora più in basso i prezzi del petrolio, che a questo punto si stanno riportando sui livelli del 2003. La circostanza non sembra però almeno per il momento affossare ulteriormente le Borse , che provano un timido rimbalzo dopo la debacle di venerdì scorso e dopo aver bruciato qualcosa come 5mila miliardi di euro nelle prime due settimane del 2016.
La giornata festiva negli Stati Uniti e la mancanza di dati macroeconomici di rilievo in Europa tende a togliere un po’ di potenziale volatilità ai listini quest’oggi. Petrolio e Cina restano sempre sui riflettori, anche se nel resto della settimana non mancheranno gli appuntamenti importanti, a cominciare dalla diffusone del Pil cinese di domani per proseguire con la riunione della Bce a Francoforte di giovedì prossimo.
“Da giorni assistiamo al crollo del prezzo del petrolio. Un crollo che gli automobilisti attendevano da anni e che finalmente è arrivato, ma con conseguenze che non si aspettavano. Infatti - ha dichiarato Pietro Giordano, presidente nazionale di Adiconsum - al crollo del petrolio non è seguito il tanto auspicato crollo dei prezzi dei carburanti. Il motivo è semplice: la forte tassazione (70%) applicata dallo Stato grazie all’imposizione delle accise e al pagamento dell’Iva sulle accise stesse”.
“Lo Stato - ha sottolineato Giordano - ha trasformato l’auto in un bancomat, al pari della casa, prosegue Giordano, Ma l’auto non è un bene di lusso, è un mezzo per raggiungere il proprio posto di lavoro, a fronte anche di una condizione fortemente critica del trasporto pubblico locale. I consumatori-automobilisti non solo non usufruiscono del calo dei prezzi del petrolio sul mercato internazionale, ma neanche della diminuzione dei prezzi del carrello della spesa che ne deriverebbe, visto che in Italia, la maggior parte dei prodotti viaggia su gomma”.
Adiconsum chiede al Governo di abrogare le accise anacronistiche, di abolire l’Iva sulle accise e di discutere con le Associazioni Consumatori la riforma del trasporto pubblico locale, di cui il Ministro Delrio ha annunciato essere già pronta una bozza.
In dettaglio, il recupero finale del listino di Shanghai è anche legato in parte alla decisione della banca centrale cinese di contrastare le speculazioni sullo yuan applicando alle banche straniere operanti su territorio cinese regole simili a quelle degli istituti locali. Dal 25 gennaio prossimo, secondo quanto confermato oggi dalla Banca del Popolo (PboC), sarà applicato un aumento dei requisiti di riserva obbligatori delle banche straniere sui depositi in yuan per evitare fuoriuscite eccessive di capitali e regolare in modo migliore i movimenti della stessa valuta cinese. La decisione, spiega la PboC servirà a «prevenire rischi finanziari e a proteggere la stabilità finanziaria» di Pechino e a rafforzare la ”gestione della liquidità”.
In Germania e Francia. Ma anche im Regno Unito, Spagna, Repubblica Ceca e Romania. Una crescita corale quella del made in Italy in Europa a novembre , uno scatto che può avere in parte beneficiato della presenza di una giornata lavorativa in più (ma l’Istat nega che vi siano effetti apprezzabili) ma che sotto ogni punto di vista porta un raggio di sole sulle prospettive della nostra economia.
Su base annua l’export cresce del 6,4% (+3,5% su base mensile destagionalizzata), grazie al balzo di oltre nove punti in Europa, il triplo rispetto alla crescita dell’area extra-Ue. Ottime le performance di Germania e Francia, nostri primi mercati di sbocco, dove i tassi di crescita (tra l’8 e il 9%) sono di gran lunga più robusti rispetto alla magra performance dei primi 11 mesi dell’anno, ancorata poco al disopra del punto percentuale. Una crescita che tuttavia coinvolge (ad eccezione della Polonia) l’intero continente, con la Spagna (+16,3%) a realizzare la performance più robusta.
Decisamente meglio l’Europa rispetto ai mercati extra-Ue, in crescita del 3% a causa della frenata in numerose aree emergenti, Russia e Brasile in primis, a cui si aggiungono debolezze diffuse innescate dalle tensioni geopolitiche (è il caso del Nord Africa e della Turchia). In termini settoriali la crescita più robusta (+21,6%) è ancora una volta per l’auto, con performance di rilievo anche per farmaceutica, alimentari, abbigliamento, gomma plastica, elettronica e macchinari. Uno sviluppo per una volta a tutto tondo dove tutti i settori manifatturieri, non energetici ad eccezione dei mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli, registrano il segno più. In undici mesi l’export nazionale totale è in crescita del 3,8%.