Giovedì 30 ottobre 2025, ore 22:23

Economia

Cina-USA, è tregua su dazi e terre rare

Le penne restano sul tavolo. Per ora ci si accontenta di una stretta di mano. Di fatto, è una tregua. E considerando i tempi biblici con cui i cinesi impostano i negoziati e la faciloneria del tycoon a chiudere gli accordi, è già un successo. Xi Jinping e Trump si rivedranno. Ad aprile, forse, quando The Donald visiterà la Cina. E successivamente quando il leader cinese sbarcherà nel nuovo mondo. Intanto il venditore di Washington si esalta, parlando ovviamente di “grande successo”. Su “una scala da 1 a 10, l'incontro con Xi è stato 12”. Trump ha annunciato la riduzione dei dazi sulle merci cinesi dal 57 al 47 per cento e di quelli legati al fentanyl dal 20 al 10 per cento, in cambio dell'impegno di Pechino a collaborare per fermare il traffico di questo stupefacente che continua a mietere vittime negli Stati Uniti. Semaforo verde anche per l'intesa sulle terre rare, “valido per tutto il mondo”, con Pechino che continuerà a mantenere il flusso di esportazioni: avrà una durata annuale e sarà rinegoziata ogni 12 mesi. La Cina, in cambio, riprenderà “subito” gli acquisti di soia americana, dopo che ne aveva sospeso le importazioni in risposta ai dazi statunitensi proprio relativi al fentanil. L’accordo sulla soia è una vittoria per Trump: gli agricoltori statunitensi hanno perso miliardi di dollari in mancate vendite dei raccolti alla Cina a causa delle tensioni commerciali, dopo aver ampiamente sostenuto il tycoon in campagna elettorale. Gli Stati Uniti sospenderanno per un anno l'attuazione delle misure contro le industrie marittime, logistiche e cantieristiche cinesi. Entrambe le parti hanno ottenuto qualcosa, osservano gli analisti. Pechino è arrivata ai colloqui con una posizione di forza sulle terre rare, i minerali pesanti utilizzati nei sistemi di difesa avanzati, sapendo che per gli USA era prioritaria la sospensione delle restrizioni alla loro esportazione. Oltre a ridurre le aliquote tariffarie, la Cina si è concentrata sull'allentamento delle restrizioni americane, in particolare sulla regola del 50 per cento introdotta dalla Casa Bianca il mese scorso, che colpisce le filiali di aziende straniere presenti nel territorio, per lo più cinesi. L'inasprimento delle restrizioni, si fa notare, avrebbe esposto molte aziende cinesi a controlli sulle esportazioni statunitensi molto più severi e avrebbe reso le aziende globali molto più caute nel fare affari con loro. Trump e Xi hanno parlato a lungo di Ucraina, ma non hanno neanche sfiorato l’argomento Taiwan. E non avrebbero parlato neanche della possibile vendita alla Cina dei chip di nuova generazione per l’IA, Blackwell, del colosso Nvidia, che mercoledì è diventata la prima azienda a superare i 5mila miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Ambienti economici anglosassoni ritengono indubbiamente positivo l’esito dei colloqui, considerando la natura conflittuale della relazione commerciale USA-Cina. Resta, tuttavia, irrisolta la partita delle cosiddette quattro T: Taiwan, transshipments, TikTok, technology. “La svolta odierna getta le basi per un impegno più profondo in vista del 2026” dice alla BBC Louise Loo, responsabile dell'area economica asiatica di Oxford Economics, “tuttavia, il rischio di errori di calcolo e di incomprensioni politiche resta elevato”.
Pierpaolo Arzilla
 

( 30 ottobre 2025 )

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