Lunedì 14 ottobre 2024, ore 14:15

Francoforte 

Discesa dei tassi Bce: parte la sfida di settembre tra banchieri centrali 

Tra una settimana esatta la Banca centrale europea tornerà a riunirsi a Francoforte. La riunione del consiglio direttivo dovrebbe chiudersi con il secondo taglio dei tassi dell’anno da 25 punti base. Insomma, dopo due anni di rialzi i tassi di interesse hanno ripreso una china discendente. La Bce ha rotto gli indugi a giugno scorso, tagliando il tasso sui depositi dal 4% al 3,75%, e con molta probabilità si ripeterà nella riunione del 12 settembre. La Fed dovrebbe seguire a ruota nell’appuntamento del 15 settembre, dando inizio alla inversione di tendenza anche negli Stati Uniti.
Ma gli osservatori più attenti, analisti, trader, economisti, hanno già scontato queste due mosse e si stanno concentrando su cosa succederà in seguito, da settembre a fine anno e nel 2025.

E a sentire qualche opinione, oltre alle dichiarazioni che i vari governatori ogni tanto rilasciano, il dibattito si preannuncia piuttosto aspro e destinato a durare per un bel po’. Il tema centrale è il seguente: a quale livello i tassi di interesse smettono di frenare la crescita e l’inflazione e cominciano invece a stimolarla senza far crescere i prezzi? In sostanza gli economisti vanno dibattendo del famoso tasso di interesse neutrale, a cui bisognerebbe tendere per essere in perfetto equilibrio macroeconomico. Cosa non proprio facile. Si sa che il target di inflazione delle banche centrali, in particolare quella europea, è pari al 2%. In un articolo di gennaio- scrive Bloomberg - gli economisti della Bce hanno affermato che i modelli producono un tasso reale compreso tra il -0,75% e l’1%, il che significa (aggiungendo un 2% di inflazione) un tasso nominale compreso tra l’1,25% e il 3%. Il governatore francese, Francois Villeroy de Galhau, tuttavia, ha dichiarato ad aprile che una stima della Bce e della Banca di Francia suggerisce un tasso nominale compreso tra il 2% e il 2,5%. Il mercato, dal canto suo, si aspetta ulteriori sei tagli da 0,25% da parte della Bce da settembre alla fine del 2025, per arrivare al 2,5%.

Ma in questo lasso di tempo può succedere di tutto, e un elemento importante è la velocità con cui si riduce il costo del denaro, che può incidere molto sull’andamento dei consumi e dei prestiti alle aziende. Il dibattito comunque è già partito. "Più i tassi di riferimento si avvicinano alla fascia superiore delle stime del tasso di interesse neutrale - cioè, meno siamo certi di quanto sia restrittiva la nostra politica - più dovremmo essere cauti per evitare che la politica stessa diventi un fattore di rallentamento della disinflazione", ha detto ieri Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo dell’Eurotower. Schnabel nella mappa dei banchieri centrali è classificata tra i falchi come il presidente della Bundesbank Joachim Nagel. Mentre il francese Villeroy, l’italiano Panetta con Cipollone e il portoghese Centeno sono considerati colombe. Nei prossimi mesi si vedrà chi uscirà vincitore da questo braccio di ferro.

Anche la Fed è pronta a tagliare i tassi già in settembre. Dal palco di Jackson Hole, il presidente Jerome Powell ha segnalato chiaramente che la banca centrale si avvia ad agire prime delle elezioni americane, anche se questo la esporrà probabilmente a critiche. "È giunto il momento di adeguare la nostra politica" monetaria: la direzione da prendere è chiara e la tempistica e il ritmo dei tagli dipenderanno dai dati economici, dall'evoluzione delle prospettive e dall'equilibrio dei rischi, ha detto Powell confermando la tesi di analisti e investitori, convinti da tempo che la tanta agognata riduzione riduzione del costo del denaro ci sarà. Il presidente della Fed non si è sbilanciato sulla possibile entità del taglio, se sarà dello 0,25% o dello 0,50%.

Di fronte al raffreddamento del mercato del lavoro, alcuni analisti sono convinti che la Fed procederà con una maxi-riduzione da 50 punti base. Gli economisti invece non ritengono che ci siano le condizioni per una mossa così forte: l'economia infatti ha rallentato ma non si è fermata, e il mercato del lavoro ha subito una frenata senza però un'ondata di licenziamenti. L'ipotesi più accreditata al momento è quella di tagli da 25 punti base per tutte e tre le restanti riunioni del 2024. Dicendosi "più fiducioso" su un calo dell'inflazione verso l'obiettivo del 2%, Powell ha notato l'inequivocabile rallentamento dell'occupazione americana e ha assicurato: "Faremo tutto il possibile per sostenere un mercato del lavoro forte mentre facciamo ulteriori progressi verso la stabilità dei prezzi. Un ulteriore raffreddamento delle condizioni del mercato del lavoro non sarebbe il benvenuto". I rischi al rialzo per l'inflazione, ha aggiunto, sono diminuiti, mentre quelli al ribasso per l'occupazione sono aumentati.

Rodolfo Ricci

( 6 settembre 2024 )

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