Partiamo da un dato di fatto. Il ministro delle finanze polacco Andrzej Domanski, alla presidenza di turno del Consiglio Ue, e il commissario Ue all'Economia Valdis Dombrovskis hanno escluso che si pensi di riscrivere le regole del Patto di stabilità per aiutare le spese nella difesa. Lo hanno detto chiaramente nella conferenza stampa al termine dell'Ecofin. "Vogliamo agire all'interno delle attuali regole fiscali", ha spiegato Domanski. "La revisione delle regole è stata fatta un anno fa e non è oggetto di discussione rivederle", ha detto Dombrovskis. Ma resta il fatto che l’Ue vuole accelerare sullo scorporo delle spese per la difesa dai vincoli sui conti pubblici imposti dal Patto di stabilità. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva già annunciato grande "flessibilità" sull'applicazione delle regole economiche, ma dalla presidenza di turno del Consiglio Ue arriva ora un'indicazione diversa e forse più rapida: scavalca l'ipotesi di usare le 'clausole di salvaguardia', come si chiamano nei regolamenti Ue le possibilità di sospendere l'applicazione del Patto (per tutti o a livello nazionale).
Si tratterebbe invece di escludere gli investimenti per la difesa dal calcolo del deficit e del debito pubblico considerati da Bruxelles negli esami periodici sui conti pubblici dei Paesi Ue (secondo i trattati non devono superare rispettivamente 3% e 60% del Pil), mantenendo invariata la governance economica rinegoziata solo l'anno scorso. Le spese nella difesa verrebbero descritte nel dettaglio in un 'codice di condotta', adottato dagli Stati membri, per definire cosa si possa scorporare: "Consentirebbe ai governi di investire in nuove attrezzature, jet, carri armati, munizioni. Senza alcun impatto negativo sulle cifre del deficit e del debito", ha detto il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domanski, alla presidenza di turno Ue. Al di là della proposta polacca, però, sul tavolo c'è ancora poco di concreto. Il commissario all'Economia Valdis Dombrovskis ha sottolineato l'urgenza limitandosi ad annunciare una proposta dell'esecutivo "a breve". "Il momento di agire è ora", ha detto al termine del Consiglio Ecofin.
"Dovremo aumentare la nostra spesa per la difesa, le capacità di difesa, l'industria della difesa, sia a livello Ue che nazionale. Stiamo valutando cosa si può fare esattamente". L'attesa è che sulle regole fiscali si vada verso un mix di azioni a strettissimo giro. Il comitato economico finanziario preparerà il 'codice di condotta' evocato dai polacchi, che indicherà cosa sia considerato 'difesa' (dagli equipaggiamenti militari, ai finanziamenti alle fabbriche di ari, sino alle infrastrutture usate dall'esercito) e possa venir scomputato nei conteggi europei. La Commissione potrebbe, ma è in realtà tutto ancora molto incerto, invitare comunque gli Stati interessati a chiedere di attivare la clausola di salvaguardia. E comunque essendo la Commissione il soggetto che esamina i 'compiti' dei singoli Paesi (la prima valutazione dei piani nazionali di spesa sarà a fine aprile) userà tutta la propria discrezionalità. Piano piano, intanto, arriverà la proposta sui finanziamenti comuni nei progetti comuni per la difesa e si capirà se serva o si voglia finanziarli anche con debito comune per la difesa. "La discussione è appena iniziata, non ci sono tabù", ha detto Domanski. Alcuni nordici o ex frugali del resto hanno cambiato idea, come Danimarca, Finlandia, i Baltici, e si guarda alla Germania del post-elezioni per capire se potrà spostare con sé anche tutti gli altri frugali (al momento Olanda o Svezia, per dirne un paio, restano granitici nel rifiutare nuovo debito comune). Quanto ai progetti comuni, secondo Domanski, in Ue "potremmo risparmiare fino a 40 miliardi di euro all'anno se acquistassimo armi insieme".
"Occorre sviluppare la nostra capacità industriale e produttiva, e questo non avviene in un anno", occorre di più, ha ribadito Dombrovskis. Per questo l’idea è di congelare le regole per più di un anno, anche per dare certezze e risposte al settore e ai mercati. Questi ultimi però guarderanno anche alla stabilità e alla solidità delle finanze pubbliche, e qui il commissario per l’Economia vuole assicurare e rassicurare: "Non stiamo rivendendo le regole, perché le abbiamo già riviste". Il patto di stabilità come già riformato non si cambia, tradotto in estrema sintesi.
La Commissione dovrà fare le proposte del caso, attese per le prossime settimane, continua ancora Dombrovskis, e poi spetterà agli Stati membri decidere se approvare o meno quello che arriverà sul tavolo. Nel caso specifico bisognerà vedere se tutti i governi saranno d’accordo a sospendere nuovamente le regole del patto di stabilità, in modo differenziato a seconda della situazione di debito dei diversi Paesi. Andrzej Domanski, si mostra possibilista.
Da sottolineare che L’esecutivo di Madrid, guidato da una coalizione di centro-sinistra tra il Partido Socialista (Psoe) del primo ministro Pedro Sánchez e Sumar (una piattaforma che raccoglie una serie di formazioni della sinistra radicale), ha confermato la sua intenzione di mantenere gli impegni di spesa assunti dando vita al governo. Cioè destinare l’1,32% del Pil alla difesa quest’anno, e raggiungere l’obiettivo del 2% (fissato dalla Nato nel 2014, dopo l’annessione unilaterale della Crimea da parte della Russia) entro il 2029. Il Paese iberico è uno degli otto membri dell’Alleanza che non hanno ancora centrato il target del 2%. Gli altri sono Belgio, Canada, Croazia, Italia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia, stando alle stime della stessa Nato (che risalgono all’estate scorsa ma dovrebbero essere aggiornate il mese prossimo). In effetti, è quello che spende di meno: le proiezioni per il 2024 parlano dell’1,28% del prodotto interno lordo destinato alla difesa.
Rodolfo Ricci