Non solo centri di registrazione, ma anche di rimpatrio. Il modello Albania del governo Meloni fa breccia nel consiglio affari interni dell’Unione europea. L’UE cambia nettamente registro sull’immigrazione trova la quadra su un pacchetto di norme, che comprende: i regolamenti sui rimpatri e sui Paesi di origine sicuri, la modifica del concetto di Paesi terzi sicuri e l’impegno che i Paesi UE non di primo arrivo si assumono nei confronti di quelli considerati come sottoposti a pressione migratoria, che ora sono Grecia, Cipro, Spagna e Italia. Il regolamento sui rimpatri darà la possibilità ai Paesi membri di stipulare accordi con Paesi extra Ue per creare centri di rimpatrio, rispettando determinati parametri. Prevede anche misure speciali nei confronti dei migranti considerati un rischio per la sicurezza, con la possibilità di vietare loro l'ingresso a tempo indeterminato e di detenerli, anche in carcere. La legge mira ad aumentare il tasso di rimpatrio di coloro che si vedono respinta la domanda di asilo, che oggi è inferiore a 1 su 4. Di fatto, il modello Albania viene certificato da Bruxelles. Il ministro dell’interno Piantedosi può così affermare che i centri di Gjader e Shengjin, in Albania, si “ricandidano con forza a essere attivi su tutte le funzioni per i quali erano stati concepiti: luoghi di trattenimento per l'esercizio delle procedure accelerate di frontiera, ma soprattutto a essere il primo esempio di quegli hub per il rimpatrio che sono citati da uno dei regolamenti”, e sui quali il consiglio affari interni ha concordato una posizione negoziale. I centri di registrazione potranno, insomma evolvere in centri di rimpatrio. “È un'intesa a cui diamo molto valore, l'Italia ha giocato un ruolo importante”, sottolinea Piantedosi. I 27 si sono accordati anche un'intesa sul cosiddetto solidarity pool, l'insieme degli impegni che gli Stati membri non di primo arrivo si assumono per aiutare quelli di primo arrivo, considerati come sottoposti a pressione migratoria. Per la seconda metà del 2026, a partire dal 12 giugno, si prevedono 21mila ricollocamenti o altri impegni materiali, oppure 420 milioni di euro di contributi finanziari. Per Piantedosi, però, non è la priorità: il governo Meloni, spiega, punta al “controllo delle frontiere”, proprio per evitare di avere bisogno del meccanismo di solidarietà. L’UE stilerà per la prima volta un elenco dei Paesi di origine considerati sicuri: di conseguenza, le domande di asilo presentate dai cittadini di questi Paesi verranno esaminate con procedura accelerata, perché considerate a priori meno fondate rispetto a quelle presentate da richiedenti asilo provenienti da altri Paesi. L'elenco comprende, oltre ai Paesi candidati all’UE (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia, Turchia), anche Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. Ogni anno, dice il ministro danese Stoklund, “decine di migliaia di persone arrivano in Europa e chiedono asilo, pur partendo da Paesi sicuri, dove generalmente non sussiste alcun rischio di persecuzione. Il primo elenco UE di Paesi di origine sicuri contribuirà a creare procedure di asilo più rapide ed efficienti e al rimpatrio di coloro che non necessitano di protezione”.
Pierpaolo Arzilla

