In ore frenetiche in cui è difficile prevedere non solo le traiettorie della guerra tra Israele e Iran, ma soprattutto le decisioni di Trump, le comunicazioni della premier Meloni al Senato in vista del Consiglio Ue sono importante alla prudenza. Ma, al di là delle consuete polemiche sul riarmo e sul famoso innalzamento del rapporto spesa per la difesa/Pil firmato dall’allora premier Conte, dal discorso della Presidente del Consiglio emergono alcuni punti fermi. A partire dalla conferma dell’impegno ad aumentare questa voce di spesa. Per quanto riguarda la difficile situazione mediorientale, la premier sottolinea che “dopo la violazione della tregua, ora la situazione si è complicata”. “Israele potrebbe reagire a questa violazione di Teheran con una risposta, si spera, misurata - sottolinea Meloni -. Siamo ancora fiduciosi che si possa andare avanti con una tregua e che si possa tornare alle negoziazioni”.
Sull'aumento delle spese della difesa al 5% del Pil, la premier sottolinea che l'impegno che i 32 membri della Nato si apprestano ad assumere è “carico di responsabilità, alla luce di un contesto molto incerto”. “E proprio perché questa esigenza deve inserirsi in maniera sostenibile, nelle ultime settimane ci siamo impegnati a rendere il percorso sostenibile, flessibile e credibile - aggiunge la premier -. E ritengo che abbiamo raggiunto l'obiettivo”. Non è chiaro dove il Governo troverà le risorse per rispettare questo impegno ma Meloni promette di indirizzare le spese “prioritariamente, anche esclusivamente quando è possibile” ad aziende italiane ed europee. “Quando non è possibile - aggiunge - si lavora con gli alleati. Non sono per chiudere come alcuni che lo fanno perché sono avvantaggiati, se parliamo di Alleanza atlantica ci deve essere la possibilità di lavorare con gli altri”.
La premier fa incursione anche nel dibattito su un futuro esercito europeo. “Il sistema di difesa occidentale - sottolinea la premier - è basato sulla Nato e nella Nato non c’è un esercito della Nato, ci sono eserciti nazionali che cooperano tra di loro. Io voglio una colonna europea della Nato, ma sarebbe un errore pensare di costruire una difesa europea parallela a quella del sistema Nato, sarebbe un’inutile duplicazione”.
Le opposizioni, che pure sono fortemente divise sull’invio di armi all’Ucraina e sull’acquisto di gas e petrolio da Mosca, appaiono più allineate - a eccezione di Azione - sul riarmo. “Siamo contrari all’obiettivo di portare al 5% la spesa militare, è irrealistico e dannoso - attacca la segretaria del Pd Elly Schlein, nelle dichiarazioni di voto, dopo le comunicazioni della premer alla Camera -. Lei non ha detto la verità, vorrebbe dire 87 miliardi di più all'anno, sarebbe la fine dello stato sociale italiano, il colpo di grazia alla sanità, alla scuola, alle pensioni. Sanchez ha dimostrato che si può dire di no”.
Il leader del M5S, Conte, che non è in Parlamento ma all’Aja per la conferenza “No Rearm, no War”, torna a negare un suo ruolo attivo nella decisione di portare il rapporto spesa per la difesa/Pil al 2%. L’ex premier sostiene di aver ereditato quella decisione da Governi precedenti. “Ma una firma è una firma - gli risponde Meloni -. Quella firma è stata messa. Io sono d’accordo con quell’impegno che Conte aveva assunto. Su questo non troverete polemiche mie perché già allora pensavo che noi avessimo necessità di rafforzare la difesa. Conte ha sottoscritto questo impegno dopodiché ha detto ‘io lo sottoscrivo, ma non lo rispetto’. Non è il mio modo di fare e penso che sia anche quello che, per lungo tempo, ha fatto percepire l’Italia come una nazione non affidabile. Io voglio che l’Italia oggi sia una nazione affidabile”.
Ilaria Storti