Salvaguardare la competitività dell’industria ceramica italiana e l’occupazione di qualità che assicura. È stato questo l’obiettivo del primo Tavolo settoriale svoltosi a Sassuolo.
La riunione convocata da Vincenzo Colla, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, ha dato l’avvio per un percorso condiviso insieme a Confindustria Ceramica ed alle segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil rappresentate da Ugo Cherubini, Fabrizio Framarini, Vittorio Caleffi. L’industria ceramica italiana, fortemente radicata nei territori grazie ai distretti industriali in Emilia-Romagna e Lazio, è costituita da 248 imprese con 25.920 dipendenti diretti che hanno generato nel 2024 un fatturato di 7,6 miliardi, di cui l’80% da vendite all’estero, contribuendo in modo rilevante al saldo positivo della bilancia commerciale italiana. “Se si vuole salvaguardare tale patrimonio in un’ottica di coerenza con gli obiettivi posti a livello europeo è quindi necessario assumere un approccio concreto e pragmatico - si legge nel comunicato stampa unitario - che significa: verifica delle condizioni di partenza, verifica della disponibilità dei costi e dell’efficienza/efficacia delle tecnologie effettivamente disponibili, valutazione degli sviluppi tecnologici futuri e del loro impatto sui processi”.
Secondo le parti è esattamente questo il campo delle politiche industriali necessarie a garantire resilienza al sistema industriale, autonomia strategica, sviluppo tecnologico e sostenibilità sociale al processo di transizione verso un’economia decarbonizzata. Unificare a livello Ue i sistemi fiscali e tributari, garantendo in tal modo uguali opportunità di competizione commerciale sembra essere un tema non più rinviabile. “Bisogna avere regole chiare e ben definite, sia in Italia che in Europa, per evitare fenomeni di dumping causati da una competizione non regolata - ribadiscono i sindacati - soprattutto nei paesi che non applicano regole chiare sulle questioni ambientali e sui diritti umani; solo così si potrebbe creare un sistema di diritto universale”.
Il settore ha accolto con responsabilità la sfida delle politiche climatiche Ue nel contesto del Green Deal (le emissioni di CO2 per metro quadro di prodotto sono oggi circa la metà rispetto alla fine degli anni ’90) e ha adottato i sistemi più avanzati di efficienza energetica, di cogenerazione e di produzione fotovoltaica: gli investimenti complessivi in innovazione di prodotto, tecnologia e sostenibilità ambientale negli ultimi 10 anni hanno superato i 4,3 miliardi di euro (con una media del 7% del fatturato) e su questa linea le imprese vogliono continuare a investire per migliorare ulteriormente tale situazione dedicando risorse orientate alla ricerca e allo sviluppo e all’ammodernamento degli impianti mantenendo nel tempo i livelli occupazionali. A pesare ancora sul comparto sono l’aumento e la volatilità dei costi energetici di gas ed elettricità, che in Italia sono più elevati rispetto alle principali economie europee. A questo si aggiungono gli oneri derivanti dal sistema europeo di scambio di quote sulla CO2 (ETS) che equivalgono ad una maggiorazione del 15% del costo del gas naturale. Le parti al tavolo hanno tutte espresso apprezzamento per la prima riunione che ha messo al centro della propria azione l’obiettivo di evitare la perdita di competitività e di capacità produttiva.
Sara Martano

