A Genova si può fare industria e la città può essere attrattiva per investimenti di grandi gruppi”. Ad affermarlo è Christian Venzano, segretario generale di Fim Cisl in Liguria, in considerazione e dopo il salvataggio di Technisub da parte di Mares spa, che fa capo al gruppo Head e che ha condotto l’operazione attraverso una procedura di acquisizione di ramo d’azienda. Mares, come sottolinea Venzano nel suo commento alla vicenda, “è il primo gruppo mondiale del settore degli articoli sportivi” e quindi l’interesse avuto verso Technisub conferma in pieno il parere ed il commento detto sopra del sindacalista. “Con questo investimento - insiste il leader ligure di Fim Cisl - si chiude una vicenda complessa, che durava da tempo e che aveva portato al fallimento dello storico marchio della subacquea”. Esempio di “reindustrializzazione” quello che narriamo oggi, che soddisfa Christian Venzano, anche perché giunge al termine di una vertenza a tratti drammatica, pure con licenziamenti e momenti di ansia per chi era occupato nel sito e per le relative famiglie. Vicenda che potrebbe apparire persino poco spiegabile a fil di logica, vista l’ottima qualità dell’azienda, innovativa e ben inserita in una città profondamente legata al mare e punto di riferimento per chi lo ama. La storia della Technisub inizia dalla data di fondazione del 1962, diventando in breve eccellenza nel settore. Innovativa e di qualità e che ha inventato le pinne Caravelle, autentica innovazione nel design subacqueo, dotate di pala in polipropilene e scarpetta separabile, di grandi performances nella dinamica del mondo sub. Grandi momenti ma anche declino per un’azienda la cui produzione venne delocalizzata prima della definitiva chiusura dello stabilimento sotto la Lanterna. Processo socialmente non indolore, con scioperi, occupazione del sito, cassa integrazione. Grande lotta dei lavoratori che sostenevano come la crisi non fosse nella produttività e che l’azienda funzionava bene. Per meglio comprendere la qualità Technisub basta pensare che l’idea fondatrice era proprio quella di portare nel mondo delle immersioni e del mare qualcosa che potesse aiutare chi ama l’enorme massa d’acqua che riempie il pianeta, tanto che la stessa denominazione del marchio deriva da due termini marinari: tecnologia subacquea. L’annuncio della chiusura suscitò rammarico in tutta Genova e mondo del mare e gelò i dipendenti di quel momento. A marzo dello scorso anno la chiusura definitiva ed ora, a quasi un anno e mezzo di distanza durante il quale ci sono state diverse trattative, la rinascita pur parziale perché i lavoratori scenderanno a poco più di una quindicina. Per altri ci sono stati passaggi ad altre aziende, occupazioni trovate in proprio. Resta la brutta esperienza di un tempo lungo trascorso tra crisi e incertezza, un geniale fondatore italiano, un gruppo francese. Fino a giungere ora ad una buona notizia. Importante per Genova, dove il clima sociale resta in generale incerto e in un settore che è proprio e specifico alla città tutta sul mare.
Dino Frambati