Venerdì 26 aprile 2024, ore 10:58

Dopo Macron in secca la Riva Destra italiana

Macron ha vinto nettamente in Francia e, come in un domino, gli effetti della sconfitta di Marine Le Pen, sua avversaria di destra al ballottaggio presidenziale, stanno sbaragliando le geometrie politiche italiane. Cominciamo dal centrodestra italiano, dove il riposizionamento degli equilibri tra Matteo Salvini, leader della Lega, da una parte, e Silvio Berlusconi, ex premier e guida di Forza Italia, dall’altra, è in pieno svolgimento. Sullo sfondo del braccio di ferro tra il leghista e l’ex Cavaliere anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che sta dalla parte di Salvini anche se il peso specifico del partito della Meloni, per adesso, non sembra superare il 5% (stando almeno ai sondaggi). Ecco allora che nel duello Berlusconi-Salvini si innescano tre aspetti politici dirimenti. Cominciamo dal primo che riguarda la natura che dovrà avere il centrodestra italiano. Berlusconi non ha dubbi, ha accolto con favore la vittoria di Macron e la sconfitta della Le Pen e punta ad una coalizione di centrodestra che sia liberale ma non populista di destra e basta. Salvini, dall’altra parte, vuole invece incalzare sui temi cari anche alla Le Pen, spirito anti-Ue ed anti-euro, pugno duro sull’immigrazione, temi che trovano la condivisione della Meloni ma non del Cavaliere. La sconfitta della Le Pen in Francia ha indebolito la posizione del leader leghista che ancora in queste ore però, con una intervista al quotidiano La Repubblica, ribadiva la propria intenzione di non mollare su temi come immigrazione ed antieuropeismo e se Forza Italia non sarà d’ac - cordo, pace dice Salvini, la Lega a quel punto andrà da sola. Qui arriviamo al secondo aspetto politico importante, che il domino della vittoria di Macron, ha riattivato nel dibattito del centrodestra italiano: di chi deve essere la leadership della coalizione ovvero, in maniera più diretta, chi dovrà essere il candidato premier? Su questo Berlusconi non ha dubbi e insiste perché sia un moderato di centrodestra e non un leghista smaccatamente con posizioni di destra. Il tira e molla è appena cominciato ma non potrà durare a lungo anche perché, pur evitando lo scenario delle elezioni anticipate, nel 2018 si andrà comunque al voto e Renzi sarà il candidato premier del Pd, i 5 Stelle lo annunceranno a settembre (così ha detto poco tempo fa Luigi Di Maio) e il centrodestra, per ora, manca all’appello. Per dare un nome ed un cognome di candidato premier, infatti, bisogna che le forze della coalizione trovino una sintesi tra le loro posizioni e ad oggi Forza Italia da una parte e Lega e Fratelli d’Italia dall’altra paiono distanti. E qui si innesca il terzo (ma solo in ordine e non certo di importanza) nodo politico:quale legge elettorale propone il centrodestra? Esiste una proposta unitaria? Ad oggi pare di no al punto che Dario Franceschini, Ministro del Governo Gentiloni ed uomo di peso nel Pd, sul Corriere della Sera propone a Forza Italia di condividere assieme un testo di riforma elettorale con un accordo tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Una avance che porta alla attenzione, ovviamente, anche il ruolo che avrà il riconfermato segretario del Pd Renzi, che ad oggi non esclude nessuna possibilità per varare una riforma della legge elettorale, neppure una intesa con i 5 Stelle di Beppe Grillo. Nell’at - tesa le grandi manovre sono aperte e il campo politico dove appaiono più incerte è appunto quello del centrodestra. Se l’accordo infatti tra Lega, Fdi e Forza Italia non dovesse arrivare, probabile a quel punto che per misurare le proprie forze i partiti puntino sul proporzionale ovviamente corretto con sbarramento. Del resto lo stesso Salvini più volte sottolinea il tema di misurare il peso, dentro il centrodestra, dei voti dei singoli partiti con i sondaggi che ormai danno Lega e Forza Italia vicinissimi, non più distanti come ai tempi del 20 e passa per cento di voti che prendeva il partito di Berlusconi. Certo un sistema proporzionale renderebbe probabile il ricrearsi delle alleanze variabili in Parlamento per formare i governi e farebbe tramontare il sogno del maggioritario dove si sceglie la maggioranza e pure il Premier. Ma in fondo, in questa nostra cara Italia, il proporzionale non se n’è mai andato davvero.

( 10 maggio 2017 )

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