Venerdì 26 aprile 2024, ore 6:54

Una riforma che non garantisce governabilità

”Nulla è tedesco e tutto è pasticcio” scrisse anni fa, nel 2000, il politologo Giovanni Sartori, da poco scomparso, a proposito della riforma elettorale proporzionale portata avanti allora da Silvio Berlusconi. All’epoca Sartori spiegava: “Il sistema tedesco è un sistema (misto) di proporzionale personalizzata che frena la crescita dei partiti con una soglia di sbarramento del 5 per cento. Pertanto questo sbarramento ne è la caratteristica irrinunciabile. Non deve essere abbassato né può essere accoppiato con alleanze o 'apparentamenti' elettorali: il che dovrebbe andare senza nemmeno essere detto, visto che nei sistemi proporzionali gli apparentamenti non hanno ragion d’essere. Esistono soltanto quando esiste un premio di maggioranza. E il punto è che premio di maggioranza e sbarramento sono incompatibili”. Ed oggi, che l’accordo a 4 tra Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini, sembra fatto con un sistema tedesco all’italiana e con sbarramento al 5% confermato (che ha fatto arrabbiare i centristi e soprattutto il leader di Ap Angelino Alfano), oggi a criticare la riforma elettorale c’è Angelo Panebianco, che dalle colonne del Corriere della Sera, ha scritto una stroncatura alla riforma senza appello: “Una legge dannosa” il titolo del pezzo dove Panebianco, tra le altre cose, annota che “il cosiddetto modello tedesco potrebbe portarci in pochi anni alla dissoluzione della democrazia: aumenteranno la frammentazione e il rischio instabilità”. La politica, per adesso, procede indisturbata nella approvazione della riforma elettorale che poche ore fa è approdata in Aula alla Camera. Salvo colpi di scena, dunque, che visti i numeri dell’accordo tra Pd, Fi, M5S e Lega appaiono quasi impossibili, la legge sarà approvata con celerità e questo apre, anzi ha già aperto, una domanda: una volta votata, comincerà la corsa (che vedendo i toni dei principali leader politici pare già iniziata) verso la campagna elettorale? Il tema delle elezioni politiche anticipate, si parla anche di settembre, è uno di quei temi chiave per le sorti del nostro Paese. A chi dare ragione? A chi, come Alfano ma anche come il Premier Gentiloni, vorrebbe che si andasse al voto nel 2018, a manovra approvata e con i conti italiani in sicurezza? Oppure la ragione sta dalla parte di chi, la maggior parte dei partiti tranne i piccoli e qualche voce discordante, vuole andare al voto il prima possibile, senza manovra approvata? I pessimisti vedono in questa seconda opzione i rischi di un possibile commissariamento dell’Italia da parte della troika Ue nel caso i conti dovessero precipitare con un Paese in esercizio provvisorio. Il fatto è, e questo è il punto sostanziale di cui ancora poco si parla, che la riforma elettorale siglata dai quattro di per sé non garantisce che vi sia una maggioranza sicura una volta dopo il voto. E questo spinge a pensare che una maggioranza possibile, in quel caso, potrebbe essere una grossa coalizione tra Pd-Forza Italia (voti permettendo). In realtà dal Pd si affrettano a smentire questa intesa sul dopo voto ed ancora ieri Rosato (PD) diceva che non ci saranno larghe intese con Berlusconi, una ipotesi politica su cui Romano Prodi ha già fatto sapere il suo no, in quel caso lui (Prodi) se ne andrebbe dal Pd e si rimetterebbe in cammino. Sulla sua E-News, Matteo Renzi, a proposito della riforma elettorale, ha scritto la sua in queste ore: “Adesso – annota Renzi - la realtà ci chiama. Per evitare di fare le larghe intese il giorno dopo bisogna prendere tanti voti, come ha spiegato molto bene Matteo Orfini. Ogni voto dato al PD andrà in questa direzione, ogni voto dato ai piccoli partitini aiuterà invece lo schema delle larghe intese. Il PD farà liste molto larghe, pescherà al centro e a sinistra, nell’associazioni - smo e nella società civile, non si chiuderà nei propri confini stretti. Parlerà agli italiani, con gli italiani. Dopo aver dato un sistema europeo al nostro Paese: se la Germania ha conosciuto stabilità e crescita con questa legge, chi siamo noi per non essere all’altezza di questa sfida?”. Beh, non siamo tedeschi. Per fortuna.

( 7 giugno 2017 )

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