Lunedì 20 maggio 2024, ore 2:26

Mostre

La migrazione dei popoli

di MARIA LUCIA SARACENI

La migrazione dei popoli. Questo il tema centrale della mostra dedicata a Giuseppe Modica “Rotte mediterranee e visione circolare”, aperta al pubblico a Roma dal 23 aprile al 15 settembre negli spazi della Casa Museo Hendrik Christian Andersen. Un tema caro all’artista, la cui casa di famiglia a Mazara del Vallo si affaccia sul Mare Nostrum e rappresenta dunque un leit motiv ricorrente nelle sue opere.

Il percorso dell’esposizione si snoda attraverso una ventina di olii su tela quasi tutti inediti realizzati tra il 2017 e il 2023, anni nei quali, come scrive Modica, “il Mediterraneo non è inteso come una mitica Arcadia ma come un luogo segnato da plurime vicissitudini”. Scenario di vicende brillanti e luminose, ma anche, come ben sappiamo, sciagurate e drammatiche.

Mantenendo il rigore e l’e quilibrio di una strutturazione architettonica che risale anche ai suoi studi giovanili, in alcune fra le opere più significative esposte in mostra Modica riesce a condensare in immagini sospese ma intense la tragedia che ha trasformato il Mare Nostrum dei romani in Mare Monstrum.

Modica, classe 1953, è un artista affermato in ambito nazionale ed internazionale, tra i principali esponenti di una nuova metafisica (la metafisica delle cose quotidiane) nella pittura italiana del secondo Novecento.

Nella mostra alla Casa Museo Hendrik Christian Andersen le opere esposte sono caratterizzate da atmosfere enigmatiche che indagano la pittura nelle sue varie articolazioni: da uno spazio misurato e fenomenico della superficie ad uno spazio illusorio ed immaginario della profondità. In questo flusso circolare trovano un ruolo fondamentale il tempo, la luce e la memoria, nelle accezioni di memoria personale, culturale, antropologica. Su tutto campeggia il blu perché, come spiega l’artista, “è il colore dell’atmosfera e della lontananza è anche il colore della spiritualità e della contemplazione. E poi con il blu si accendono tutti gli altri colori, come i rossi e gli ocra che sono l’energia vitale della luce. Il blu è un contrappunto necessario alla luce. È il colore del respiro, della libertà e della vastità del firmamento”.

Scrive Maria Giuseppina Di Monte, Direttrice della Casa Museo: “Modica è riuscito a fare ciò che Cézanne insegnava e agognava ovvero realizzare un’immagine, perché questo è il compito della pittura, al di fuori e al di sopra di ogni compromissione linguistica e/o letteraria. Questo principio di verità porta Modica a lavorare con la luce e l’aria: la prima crea il colore e la seconda ne avvolge le forme. Ancora due fattori vanno tenuti in conto: la geometria e la prospettiva, fondamenti irrinunciabili della pittura”.

Su tutto aleggia un’atmosfera di mistero, di sospensione ma anche l’amore di Modica per le prospettive enigmatiche di Piero della Francesca e quelle di Antonello da Messina, la passione per le geometrie di Seurat.

Anche la letteratura ha un ruolo importante: accanto a numerosi critici d’arte, tra i principali esegeti della pittura di Modica ci sono ad esempio Sciascia, Tabucchi, Calasso. Ad attrarre tutti è sempre il senso dell’enigma, del mistero, affermati in piena luce.

Un rapporto intenso: custoditi e visibili nella Casa Museo anche i dipinti di Modica che hanno contraddistinto e abbellito i volumi di molti scrittori. A partire da Leonardo Sciascia che Modica ha conosciuto a Palermo nel 1986.

La produzione artistica di Modica ha elementi caratteristici. Il mare e il cielo tinteggiati con diverse intensità; le navi, a separare con la prua l’acqua salata; la luce del sole siciliano rapita in alcune proposizioni attraverso le fessure delle tapparelle delle finestre e le ombre dei massi, dei frangiflutti posti a delimitare i confini e a protezione del litorale.

Novità sono le navi da guerra che ora appaiono all’orizzonte, segni dei nostri tempi, ad inquietare l’animo, pur non turbando l’in canto d’assieme. I riferimenti sono al serpeggiante clima di guerra, ma anche ai tragici naufragi di disperati.

Particolare cura e attenzione è posta alla prospettiva. In alcuni oli, fra l’altro, è evidente la sensazione e la percezione di guardare un orizzonte dentro l’altro come fossero delle “scatole cinesi” del panorama del cielo e del mare contrassegnato e suddiviso esclusivamente senza infastidire la visuale, ma semplicemente sfruttando le sfumature dei colori, celeste, azzurro e blu e sempre all’insegna di una corretta geometria.

I dipinti sono disposti nel salone centrale e nei due laterali al primo piano dell’edificio costruito fra il 1922 e il 1925 seguendo le indicazioni disegnate dallo stesso Hendrik Christian Andersen. Un palazzo con tanto di studio-laboratorio innalzato di un altro piano nel 1935 e ereditato dallo Stato italiano nel 1940, alla scomparsa del proprietario: aveva 68 anni (era nato a Berger, in Norvegia, nel 1872).

L’apertura al pubblico risale al 19 dicembre del 1999 nel cinquantanovesimo anniversario della morte. La direttrice Di Monte, a questo proposito, ha annunciato che prossimamente l’immobile diventerà una Casa-Museo con una riorganizzazione dell’esposi zione delle opere e dei progetti di Andersen, come, fra l’altro, aveva sempre desiderato e che nella contemporaneità non era riuscito a far apprezzare completamente.

( 8 maggio 2024 )

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