Martedì 7 maggio 2024, ore 8:27

Intervista 

Biodiversità e sviluppo sostenibile: investimento sul futuro 

D) Quale nesso esiste tra la pandemia da Covid e il degrado degli ecosistemi dovuto all’uomo?
R) Ogni ecosistema rappresenta una nicchia in cui si è raggiunto un equilibrio tra le specie presenti animali e vegetali: questo concetto viene espresso in termini di biodiversità e rappresenta un equilibrio soprattutto a livello delle zoonosi nel corso dell’evoluzione. Ogni azione di disturbo sposta l’equilibrio e aumenta lo spillone, ovvero il salto di specie. L’uomo ha danneggiato gli equilibri attraverso la distruzione delle foreste, gli allevamenti intensivi, l’incremento di inquinanti, ecc….
D) C’è su questo tema sufficiente consapevolezza e senso di responsabilità da parte delle singole persone e delle comunità?
R) C’è una scarsa cultura ambientale e di conoscenza del valore della biodiversità.
D) Lei dirige l’Orto Botanico dell’Università di Tor Vergata. La vostra attività è orientata agli argomenti di ricerca attualmente più importanti, che riguardano la lenta estinzione della biodiversità, i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale, l’abbassamento dell’emissione di anidride carbonica, la desertificazione del pianeta. Cosa può fare la ricerca e cosa può fare la politica per fronteggiare questi pericoli incombenti?
R) Il ruolo di un Orto Botanico è quello di rappresentare i temi da lei sollevati in particolare l’importanza della biodiversità, la capacità di resilienza che gli ecosistemi hanno in risposta ai cambiamenti nell’evoluzione e l’importanza delle biotecnologie nella ricerca scientifica. Il principale allarme che vedo in atto è il repentino cambiamento della temperatura che produrrà sempre più un disallineamento tra piante e insetti e questo produrrà effetti catastrofici con risvolti anche in ambito alimentare. Abbiamo visto che nella prima fase di lockdown il Pianeta ha mostrato di avere ancora una capacità di resilienza; certo la pandemia è un fatto che ha costretto a casa miliardi di persone e quindi abbiamo potuto avere un decremento dell’emissione di anidride carbonica e di inquinanti. Per avere dei risultati incoraggianti bisognerebbe agire con coraggio e coordinatamente per consentire al Pianeta di “respirare”. Noi abbiamo la fortuna di avere un Orto Botanico di 82 ha e possiamo rappresentare praticamente le tematiche sia nell’ambito della ricerca sia in un’ottica di didattica rivolta a tutti gli studenti. Abbiamo impiantato un Arboreto e abbiamo misurato la quantità di anidride carbonica assorbita nel tempo e a regime riusciremo a neutralizzare l’emissione dei veicoli che nell’arco di un anno circolano nel Campus, rispondendo alla sostenibilità richiesta dalla Agenda 2030. Uno degli ultimi traguardi è stato l’installazione di una serra acquaponica, completamente sostenuta da energie rinnovabili, alimentata da un ciclo di acqua chiuso in un vero sistema di economia circolare, dove viene rappresentata l’importanza di coltivazione fuori dal suolo, anche in presenza di cambiamenti climatici, e di mantenimento della qualità dei prodotti cresciuti all’interno. Questa è una pratica dimostrazione di transizione ecologica.
D) Per essere considerato davvero corretto, che rapporto deve instaurarsi nell’immediato futuro tra economia e ambiente?
R) Deve esserci un coordinamento tra i decisori politici e gli esperti del settore che dimostrino la sintonia tra ambiente ed economia: da un lato è necessaria la conservazione della biodiversità e dall’altro lo sviluppo sostenibile. Questo binomio deve essere trasmesso alla società civile e fatto metabolizzare ai giovani. Le azioni sinergiche ambiente/economia devono essere pretese da tutti gli stakeholders che vogliono investire sul futuro.
Professoressa, lo scorso anno a lei è stato assegnato il Premio nazionale dell’Associazione italiana giovani innovatori per il Progetto “Città della conoscenza e dell’innovazione”. Qual è il contenuto del progetto e la sua importanza per la riqualificazione del territorio?
Innanzitutto il progetto intende costituire un modello di integrazione e di sinergia collaborativa tra realtà diverse la cui somma genera un qualcosa di completamente nuovo, diverso, più ricco. La Città della Conoscenza, ha l’obiettivo di esercitare una funzione di aggregazione e collaborazione, ricercando, sollecitando e proponendo iniziative di ricerca che valorizzino i diversi apporti al fine di realizzare innovazione.
L’idea progettuale è stata sposata dall’Agenzia del Demanio, nella persona del Direttore Antonio Agostini, e prevede la creazione di un sistema ad alto valore aggiunto, determinabile mediante l’integrazione e la circolazione di eccellenti capacità e competenze oggi già presenti o localizzabili nell’area, in grado di declinare la tradizione di studi e ricerche avanzate in molti settori, tra cui quello dello sviluppo sostenibile, della trasformazione ecologica e digitale, della biologia, della biodiversità, della genetica e della sanità. L’Agenzia del Demanio è pronta a mettere in campo la propria Struttura Nazionale di Progettazione per l’alta sfida di realizzazione di una “Silicon Valley” italiana; sta analizzando gli scenari di rifunzionalizzazione e utilizzo per la progettazione e verifica di fattibilità tecnico-economica del futuro Hope Campus/Città della Conoscenza che potrà ospitare anche nuovi avanzati laboratori e infrastrutture di ricerca da utilizzare con logiche di fruizione condivisa pubblico-privata, la cui carenza e bisogno si è resa manifestamente evidente in conseguenza della contingente emergenza sanitaria ed economica.
D) Questo progetto può essere volano di nuova occupazione?
R) Il progetto si caratterizza per complessità e ampiezza d’impatto; le sue ricadute si riproducono su una dimensione nazionale e internazionale. Da tutte le attività scientifiche, didattiche, culturali, incubatori di innovazione, sviluppo di tecnologie informatiche, servizi di rete e aggregazione, commerci e supporti alle visite e alle esigenze dei fruitori: la realizzazione dell’Opera permette di generare a regime 14 mila nuovi posti di lavoro. Di questi almeno 2800 saranno direttamente collegati alle attività di ricerca e didattica e permetteranno di reclutare un’importante fetta del capitale umano che ogni anno le università italiane formano e che molto spesso è costretto a emigrare in altri Paesi dove riescono a mettere a frutto le loro conoscenze.
Sono convinta che Roma attualmente non disponga di una struttura moderna e con una ricettività adeguata per accogliere grandi eventi internazionali come accade nella altre grandi capitali europee. La realizzazione dell’Hope Campus/Città della Conoscenza permette strutturalmente di riqualificare l’area su cui insiste e, per com’è pensata, produce start up innovative dove le migliori menti nazionali e internazionali generano conoscenza. La pluralità di applicazioni consentite, la varietà di funzioni per la fruizione, le modalità con cui i visitatori si rapporteranno e interagiranno con i contenuti e i servizi offerti determinerà il passaggio da un modello “classico” di innovazione a quello competitivo del futuro che avrà ricadute in termini occupazionali.
Giampiero Guadagni
(Intervista pubblicata sul numero 21 del Working paper della Fondazione Tarantelli)

( 18 maggio 2021 )

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