Lunedì 6 maggio 2024, ore 22:54

Bruxelles 

È scontro al Vertice Ue su Gaza: poi l’intesa su pause umanitarie 

"Pause umanitarie" nella guerra fra Hamas e Israele per mostrare al mondo un'unità di intenti soltanto apparente. I 27 leader dell'Ue dopo una lunga e tormentata trattativa riescono a trovare in zona Cesarini un'intesa che permette a Bruxelles di non franare totalmente sulla questione mediorientale. Alla fine, a prevalere, è la terminologia delle "pause umanitarie", particolarmente caldeggiata da Italia e Germania e lanciata per evitare qualsiasi rischio di interpretazione: non si tratta di cessate il fuoco. Un cessate il fuoco che lo spagnolo Pedro Sanchez aveva chiesto con una certa insistenza, affiancato dall'Irlanda. Folto anche il gruppo dei paesi che chiedeva una "pausa", al singolare, umanitaria. Entrambe le opzioni, alla fine, sono decadute. Ma il premier iberico, pressato dalla sinistra di Sumar in un momento decisivo per la formazione del governo, ha ottenuto il "sostegno" dei leader ad una conferenza di pace internazionale da tenersi nel medio periodo.

Nel confermarsi al fianco di Israele, i Ventisette si proclamano comunque impegnati a lavorare per sconfiggere Hamas, scongiurare l'escalation e aprire la strada a una soluzione a due Stati. Per farlo, è stato il suggerimento della premier Giorgia Meloni, servirà allora dare "concretezza alla questione palestinese" e "maggiore peso all'Anp". I leader si siedono al tavolo cominciando a parlare di Ucraina. Ma, subito dopo, si passa al dossier Medio Oriente. L'ultima bozza sul tavolo recita "pause umanitarie" per Gaza.

L'intesa sembra in dirittura d'arrivo. Ma lo scontro, animato da Madrid, si riaccende. Sanchez, che guida la presidenza di turno dell'Ue - chiede di andare oltre, proponendo un cessate il fuoco immediato. Una linea rossa posta che riaccende le "sensibilità diverse" tra i Ventisette, rischiando di far saltare l'intero tavolo. A fare campagna per una formula più forte nel testo finale, il più possibile vicina alla richiesta di cessate il fuoco è schierata anche l'Irlanda. Sul fronte opposto è però ferma la posizione della Germania, sostenuta anche dall'Austria e dall'Italia. Vedute per ad un tratto appaiono inconciliabili diventando anche un assist per chi instilla dubbi sulla credibilità dell'Ue in un momento definito dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel "cruciale dal punto di vista geopolitico" per trovare e mostrare "un'unità chiamata a rappresentare "la forza" del continente anche nei rapporti con il Sud Globale. Alla fine, di fronte allo spettro di un nulla di fatto che, secondo diversi Paesi, sarebbe stato "un disastro diplomatico", i 27 ritrovano un barlume di unità. Sanchez fa un passo indietro sul cessate il fuoco.

Nel testo però i 27 si dicono pronti "a contribuire alla rivitalizzazione del processo politico sulla base della soluzione a 'due Statì e supportano l'istituzione di una conferenza internazionale di pace da tenersi presto". Seconda questione: il Patto di stabilità. "L'anno prossimo torneremo al meccanismo regolare" della governance economica, "la clausola di salvaguardia finirà e ci sarà una transizione verso la gestione regolare, con ad esempio la questione della procedura per i disavanzi eccessivi". Lo ha confermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa al termine della prima giornata di lavori del vertice Ue. "È molto difficile dire che tipo di requisiti" sul debito pubblico "si troveranno ad affrontare gli Stati membri finché non si sarà conclusa la discussione" sulle nuove regole del Patto di stabilità, ha aggiunto.

Poi colpo a sorpresa sul Meccanismo europeo di stabilità. Il presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe, a quanto si apprende da fonti Ue, nel corso dell'eurosummit ha citato il Mes senza tuttavia nominare l'Italia e la questione dell'attesa ratifica da parte del governo. Donohoe, riportano le fonti, ha spiegato che sul Meccanismo di stabilità "il lavoro continua" senza citare il caso italiano. Giorgia Meloni, raccontano le stesse fonti, non è intervenuta. Infine la questione migranti. L'Italia punta ad una revisione generosa, non solo sugli aiuti a Kiev ma anche sulla migrazione e sulla transizione digitale. Ed è sugli ultimi due punti che Meloni deve fare i conti, ancora una volta, con la trincea dei 'frugali'. La sfida è aperta e, a Bruxelles, non si esclude più un vertice straordinario a novembre convocato sul dossier. Il capitolo migrazione non arriva sul tavolo del Consiglio europeo fino a tarda sera. La questione ucraina e lo scontro sul cessate il fuoco a Gaza dominano il dibattito.

La linea italiana si basa su una logica a pacchetto: un accordo sulla revisione del bilancio si può avere solo dopo aver concordato tutte le priorità nel loro insieme. Tradotto: molto difficilmente Roma dirà sì ai 50 miliardi che l'Ue vuole versare per l'assistenza all'Ucraina senza prima aver incassato un placet sui 15 miliardi che la Commissione vuole mettere sul dossier migratorio e sui 10 destinati ad aiutare i Paesi membri sulla transizione tecnologica.

Rodolfo Ricci

( 27 ottobre 2023 )

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