Un lungo, discreto, sospiro di sollievo ha attraversato il World Forum de L'Aja quando Donald Trump, dopo un'ora buona di conferenza stampa show, ha ripreso la via dell'Atlantico. Il vertice Nato è stato dominato finanziariamente, militarmente e politicamente dal tycoon americano. In una manciata d'ore e di chilometri, tuttavia, lo scenario è destinato a cambiare. A Bruxelles, al Consiglio europeo di ierie oggi, chi tra i leader Ue si è morso la lingua al summit de L'Aja, parlerà. E, probabilmente, non tarderà a manifestare i propri malumori su due dossier chiave delle relazioni transatlantiche: i dazi e la difesa. Gli schieramenti sono piuttosto mobili e trasversali. Sulla guerra commerciale la tensione a Bruxelles sta salendo con l'avvicinarsi del 9 luglio, deadline per la sospensione delle tariffe decisa da Washigton. Nessuno, neanche a Palazzo Berlaymont, pensa che ci sarà un vero e proprio accordo entro quella data. Ursula von der Leyen sta puntando tutto su un'intesa di principio ma il tempo stringe.
E la chance di un faccia a faccia risolutivo è evaporata quando Trump è decollato da L'Aja. Al Consiglio europeo il dossier dei dazi e dei rapporti con gli Usa resta il tema centrale della cena dei leader. L'atmosfera si preannuncia a dir poco frizzante. Le divisioni non tarderanno a manifestarsi. "È molto importante tornare, tra alleati, ad una vera pace del commerciale. Vale a dire ridurre tutte le barriere doganali che sono state innalzate. Non possiamo, tra alleati, dire che dobbiamo spendere di più per la difesa ... e condurre una guerra commerciale", ha sottolineato Emmanuel Macron al termine del vertice della Nato. Il leader francese, in questo momento, è forse il capofila degli anti-trumpiani d'Europa. A L'Aja, con Trump, non c'è stato alcun faccia a faccia ufficiale dopo il velenoso botta risposta dopo il G7 del Canada. A far compagnia a Macron c'è Pedro Sanchez, finito dietro la lavagna della Casa Bianca per la sua trincea solitaria sul 3,5% del Pil per la difesa. Nella capitale olandese lo spagnolo, con Trump, non si è neppure salutato. Ma l'Ue, sui dazi, rischia la spaccatura. C'è un cospicuo numero di Paesi che è pronto a tendere la mano agli Usa. Ed è l'Italia, in questo caso, a fare da punto di riferimento.
Se l'intesa con gli Usa fosse su dazi al 10% "sarei abbastanza d'accordo, non è particolarmente impattante per le imprese", ha sottolineato Giorgia Meloni. La premier italiana, con Trump, ha parlato anche del dossier commerciale. "La discussione è ongoing", ha sottolineato Meloni evitando di entrare nel merito della trattativa ("non spetta ai Paesi membri") ma rivendicando il ruolo dell'Italia nell'interlocuzione, nuovamente fitta, tra Ue e Stati Uniti. Legato ai dazi è anche il dossier difesa. Il diktat del 5% fatto calare da Trump rischia di rivoluzionare i piani per la sicurezza europea coniati dalla Commissione e cari a Paesi come Francia e Germania. Von der Leyen, assieme all'Alto Rappresentante Kaja Kallas, in una lettera ai 27, hanno rimarcato la necessità di accelerare sulle spese per la diefsa, preannunciando finanziamenti consistenti anche dal prossimo bilancio Ue.
E il riferimento al budget comune non è casuale. Cresce, tra i 27, la fronda di chi vuole che sia Bruxelles ad aprire i cordoni della borsa. Magari non con degli eurobond, ma con simili formule obbligazionarie. Le conclusioni del Consiglio europeo, del resto, lasciano spazio a soluzioni di questo tipo. E il dossier sicurezza è destinato a diventare un tema fisso dei consessi europei. Toccherà a von der Leyen non restare schiacciata tra il vicino americano e i leader europei che l'hanno eletta.
Rodolfo Ricci