La Commissione europea nelle previsioni di primavera ha tagliato le attese di crescita del Pil italiano allo 0,7% nel 2025 e allo 0,9% nel 2026. Nelle previsioni di autunno stimava una crescita dell'1% per quest'anno e dell'1,2% per il prossimo. Bruxelles prevede che il deficit italiano continui a scendere dal 3,4% del Pil nel 2024 al 3,3% nel 2025 e al 2,9% nel 2026. Il rapporto del debito sul Pil è invece destinato ad aumentare secondo Bruxelles, trainato dall'impatto ritardato dai bonus casa accumulati nel disavanzo fino al 2023, per salire dal 135,3% del 2024 al 136,7% nel 2025 e al 138,2% nel 2026.
"L’economia dell’Ue sta dando prova di resilienza in mezzo alle forti tensioni commerciali e all’aumento dell’incertezza globale. Sostenuta da un mercato del lavoro solido e da salari in aumento, la crescita dovrebbe continuare nel 2025, anche se a un ritmo moderato", ha spiegato Valdis Dombrovskis, commissario per l’Economia. E poi: "L’inflazione sta diminuendo più rapidamente di quanto previsto in precedenza ed è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del 2% nel 2025. Ma non possiamo essere compiacenti. I rischi per le prospettive rimangono inclinati verso il basso, quindi l’Ue deve intraprendere un’azione decisiva per rilanciare la nostra competitività".
Ad una crescita anemica si aggiunge per l’Italia anche una traiettoria ascendente del rapporto debito/Pil, in aperta violazione di impegni e regole europee. Un problema, per un Paese già sotto osservazione per l’andamento dei conti. Una situazione che si è deteriorata anche per effetto del Superbonus voluto dall’allora governo Conte bis. Perché, rileva ancora l’esecutivo comunitario, nel 2024 il debito è aumentato "principalmente a causa di un aggiustamento stock-flow che ha incrementato il debito, correlato all’impatto ritardato sull’indebitamento di cassa dei crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie" .
Per l’Italia c’è certamente un problema in atto, perché, rileva l’esecutivo comunitario, "tra i maggiori Stati membri dell’Ue nel 2024 si sono registrati ulteriori cali della produttività del lavoro in Germania e Italia". Questo spiega le difficoltà italiane, che però rischiano di pagare la politica aggressiva del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. L’Italia figura nella lista dei Paesi "fortemente esposti" alle misure commerciali minacciate e decretate dalla Casa Bianca. Per cui, mentre si prevede un’accelerazione della domanda interna nel 2025, i dazi commerciali statunitensi influenzeranno le esportazioni di beni.
La Commissione europea ha rivisto significativamente al ribasso anche le prospettive di crescita del Pil per l'Eurozona allo 0,9% nel 2025 e all'1,4% nel 2026 (da +1,3% e +1,6% nelle previsioni d'autunno). Nell'Ue vanno all'1,1% nel 2025 e 1,5% nel 2026 (+1,3% e +1,6% nelle precedenti stime). "Ciò è dovuto in gran parte all'indebolimento delle prospettive commerciali globali e alla maggiore incertezza sulle politiche commerciali", spiega nelle previsioni di primavera. Le stime assumono dazi Usa al 10% sui beni Ue, salvo su acciaio, alluminio e automobili (al 25%). «I rischi per le prospettive sono orientati al ribasso".
Ma non finisce qui. L'arrivo di Trump più che una minaccia può essere un'opportunità "che spinga l'Europa ad essere più unita e a rendersi indipendente su temi come la difesa, la finanza, l'energia". Si tratti sui dazi ma la reazione dell'Ue "dovrebbe avere un impatto forte qualora i negoziati si rivelassero infruttuosi: ciò significa che deve aver individuato i settori, le regioni, gli importi e le percentuali pertinenti per poter determinare le misure di ritorsione disponibili", ha ribadito anche la presidente della Bce Christine Lagarde, in una intervista alla Tribune Dimanche.
Rodolfo Ricci