Si avvicina la data del consiglio europeo di questa settimana e continua anche l'intensa attività diplomatica della Francia per potenziare il fronte dei cosiddetti Paesi 'volenterosi' nel sostegno all'Ucraina e per la sicurezza comune dell'Europa. Dopo il summit promosso a Parigi dal presidente, Emmanuel Macron, con i capi di Stato maggiore di oltre trenta Paesi europei e della Nato riuniti all'Ecole Militaire, il ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu, ha ricevuto gli omologhi di quattro grandi Stati europei - Germania, Italia, Polonia e Regno Unito - per coordinare insieme alla Francia la propria azione e il sostegno a Kiev. I cinque 'big' della difesa continentale- per l'Italia il ministro Guido Crosetto - si sono ritrovati nell'abbazia reale di Val-de-Grâce, insieme con rappresentanti dell'Unione europea e della Nato, per due riunioni di lavoro distinte: la prima sul sostegno all'Ucraina e la seconda sulla Difesa europea.
È la terza volta che i responsabili della Difesa di Roma, Parigi, Berlino, Londra e Varsavia, si sono riuniti in presenza, in questo formato cosiddetto 'E5', dopo una prima riunione in Germania a novembre e una seconda riunione in Polonia a gennaio. Unico intoppo Orban. "L'Ungheria non è in grado di sostenere le conclusioni del vertice dei leader europei sull'Ucraina nella loro forma attuale. Penso che sia molto improbabile che troveremo un consenso tra i 27 Stati membri dell'Ue", ha tenuto a precisare il ministro ungherese per gli Affari europei, Janos Boka, arrivando al Consiglio Affari Generali di Bruxelles. Secondo il ministro è molto probabile che si ripeterà lo scenario del vertice straordinario tenutosi lo scorso 6 marzo.
Ma c’è grande frenesia in Europa in queste settimane. D’un tratto, sembra che le cancellerie vogliano prendere in mano la questione della sicurezza continentale, a partire dall’Ucraina ma anche nella prospettiva di un eventuale disimpegno militare di Washington. Il senso di urgenza, su questa sponda dell’Atlantico, è particolarmente acuto. Come al vertice straordinario della scorsa settimana, anche all’ordine del giorno della terza riunione del gruppo E5, come detto si è parlato di sicurezza europea e guerra in Ucraina. "L’Europa deve prendere atto del fatto che deve cominciare a difendersi", ha commentato il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, per fare in modo che i Ventisette siano pronti a qualsiasi tipo di evenienza.Dal canto suo, il polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz si è compiaciuto per una "vera unità del continente dinanzi alla minaccia che viene dall’Est".
Per lui, l’imperativo è tenere il più possibile la Russia distante "da tutti i nostri Paesi". Un obiettivo sentito con urgenza non solo a Varsavia ma anche nelle cancellerie baltiche e scandinave, e che pure a Bruxelles si inizia a prendere seriamente.Ma per giocare a fare i grandi strateghi serve una base industriale solida. Così, i membri Ue del gruppo E5 chiedono a Bruxelles di semplificare le norme comunitarie e nazionali che potrebbero ostacolare o rallentare la produzione e l’approvvigionamento di armi, per liberare le mani alle aziende del settore. "Vogliamo deregolamentare a livello europeo, ma anche nei nostri Stati nazionali", certifica il tedesco Boris Pistorius, mentre secondo Crosetto va ridotta la burocrazia per poter ottenere progressi pratici.
È come sparare sulla Croce Rossa. Ursula von der Leyen ha già segnalato di essere pronta non solo per una nuova ondata di deregulation ma anche per il riarmo "massiccio" dell’Unione, battendo cassa per la cifra da capogiro di 800 miliardi in quattro anni. Gli elementi cruciali del suo piano ReArm Europe sono proprio la creazione di nuovo spazio di bilancio per i Ventisette e un fondo ad hoc per potenziare la base industriale dell’Ue. Almeno su questo, l’allineamento tra le cancellerie e il Berlaymont sembra assoluto.
Anche sul dossier Ucraina sembra muoversi qualcosa. Stando al padrone di casa Sébastien Lecornu, sta emergendo un consenso molto ampio sulla necessità di sostenere l’esercito di Kiev, che dopo tre anni di guerra è ora il più forte d’Europa. E che rappresenta la prima garanzia di sicurezza per l’ex repubblica sovietica, con buona pace dei desiderata del Cremlino sulla sua smilitarizzazione. La discussione sulla nuova "architettura della sicurezza" ucraina sarebbe ora allargata ad una quindicina di Paesi, interessati a partecipare alla coalizione dei volenterosi lanciata da Keir Starmer ed Emmanuel Macron.
Naturalmente, i ministri del gruppo E5 hanno accolto positivamente la proposta di un cessate il fuoco di un mese elaborata a Gedda dalle delegazioni di Kiev e Washington, ribadendo che ora tocca a Mosca fare un passo avanti verso la fine delle ostilità. Tra i nodi più urgenti in questo senso, ha spiegato Lecornu, ci sono la sicurezza nel Mar Nero e quella delle centrali nucleari ucraine. Ma al di là dei richiami all’autonomia strategica europea, che sembrano risuonare soprattutto lungo il (forse) ritrovato asse franco-tedesco, alla riunione parigina si è confermato anche che lo zio Sam rimane cruciale per la sicurezza del Vecchio continente. "Nessuno in Europa vuole essere antagonista degli Stati Uniti", ha ribadito Crosetto ai cronisti, aggiungendo che "non possiamo rompere l’alleanza occidentale sull’altare dell’autonomia industriale". Freno a mano tirato, dunque.
Nemmeno Varsavia vuole rescindere il cordone ombelicale che la lega a Washington, anzi. Kosiniak-Kamysz ha dichiarato di voler "rafforzare le relazioni transatlantiche", mentre il presidente Andrzej Duda ha proposto alla Casa Bianca di trasferire in Polonia le testate nucleari a stelle e strisce presenti in Europa occidentale. Per ora, il potenziale disimpegno di Washington dal Vecchio continente è visto dai più come una leva politica per costringere gli alleati europei ad assumersi maggiori responsabilità riguardo alla propria sicurezza, soprattutto in termini di spese per la difesa.
Rodolfo Ricci