La presidente della commissione europea "mi ha chiamato e chiesto un'estensione rispetto alla scadenza del primo giugno" per i dazi al 50%. "Ha chiesto il 9 luglio e ho accettato", ha dichiarato il presidente Usa Donald Trump. M facciamo un passo indietro.
Perchè siamo alle solite! Il tycoon non ha alcuna strategia sulle tariffe doganali, ne tantomeno in politica economica, ma riesce solo a spaventare i mercati e anche le proprie aziende. Comunque la cosa non è del tutto irrilevante nel breve termine. Le trattative in corso "non stanno andando da nessuna parte", ha tuonato il presidente Usa sul suo social Truth, avvertendo: "Non cerco un accordo". Nel mirino del tycoon non c'è comunque solo l'Ue: poco prima dell'affondo contro Bruxelles, Trump ha infatti evocato tariffe del 25% per l'iPhone se Apple non lo produrrà negli Stati Uniti. L'Europa è da mesi uno dei bersagli preferiti di Trump nella sua guerra commerciale.
L'inquilino della Casa Bianca ha denunciato ripetutamente l’inaccettabile deficit commerciale americano nei confronti dei 27. La lista delle sue lamentele è lunga: "L'Ue è stata creata con lo scopo primario di trarre vantaggio dagli Stati Uniti in termini commerciali, ed è molto difficile da gestire. Ha forti barriere commerciali, l'iva, sanzioni aziendali ridicole, barriere commerciali non monetarie, manipolazioni monetarie, cause legali ingiuste e ingiustificate contro le aziende americane", ha illustrato Trump sempre su Truth motivando la sua decisione di "raccomandare" dazi al 50% mentre era atteso un nuovo confronto negoziale tra il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, e uno dei due negoziatori americani, Jamieson Greer.
Proprio Sefcovic, al termine dei colloqui, ha tuttavia tenuto il punto: "L'Ue è pienamente coinvolta e impegnata a garantire un accordo che vada bene per entrambi. La Commissione Ue è pronta a lavorare in buona fede. Il commercio tra Ue e Usa non ha eguali e deve essere guidato dal rispetto reciproco, non dalle minacce. Siamo pronti a difendere i nostri interessi". A cercare di spiegare la logica della minaccia di Trump all'Europa è stato il segretario al Tesoro Scott Bessent, il 'negotiator-in-chief' nel commercio. Il presidente ritiene che le proposte dell'Ue sui dazi "non sono buone e di qualità come quelle presentate da altri Paesi", ha detto ai microfoni di Fox ribadendo come l'Ue ha un problema di azione collettiva con i singoli paesi che non sanno cosa l'Ue sta negoziando.
La minaccia di Trump - ha aggiunto - è una risposta al ritmo europeo nelle trattative. Dopo aver imposto dazi al 20% contro l'Ue il 2 aprile, Trump ha concesso una pausa di 90 giorni per cercare di raggiungere un accordo. Ora, a metà strada dalla scadenza del 9 luglio, il presidente alza il tiro ed evoca tariffe al 50%, più del doppio rispetto a quelle annunciate il 'giorno della liberazione'. All'interno della Casa Bianca molti ritengono la minaccia sia solo uno strumento negoziale e sono convinti che Trump non vi darà seguito.
Molti osservatori invece si sono detti particolarmente preoccupati perché a rischio c'è l'economia l'Europea ma anche quella americana, sulla quale pesa il macigno di un deficit e un debito elevati che le sono già costati il downgrade da parte di Moody's. Le critiche e le minacce all'Europa alimentano poi l'incertezza sugli altri accordi commerciali ai quali l'amministrazione Trump sta lavorando e di cui si conoscono pochi dettagli. Secondo indiscrezioni, nelle trattative in corso stanno emergendo disaccordi sempre maggiori anche con i governi più propensi a stringere intese commerciali con gli States. "I termini proposti dagli Stati Uniti sono terribili", hanno riferito alcune fonti ai media americani, spiegando come inizia a trapelare la volontà di Washington di ottenere solo concessioni e non negoziare veramente.
Le minacce all'Ue e Apple, rispettivamente una della aziende che vale di più al mondo e uno dei maggiori partner commerciali americani, affondano le borse. Le piazze finanziarie del Vecchio Continente hanno chiuso ieri tutte in rosso e bruciato 183 miliardi, spaventate dalla possibilità di un inasprimento delle tariffe e del loro impatto sulla crescita. In calo anche Wall Street, dove Apple arriva a perdere oltre il 3% bruciando in avvio di seduta 100 miliardi di dollari. Per Tim Cook, presente alla cerimonia di insediamento di Trump, la minaccia del presidente è un duro e potenzialmente costoso colpo. Anche se per Apple, secondo molti, dazi al 25% sarebbero meno costosi di un iPhone Made in Usa.
Rodolfo Ricci