Lunedì 29 aprile 2024, ore 16:03

Il conflitto 

Draghi: l'Italia farà la sua parte  

C'è ancora spazio per il negoziato, aveva detto giovedì il cardinale Segretario di Stato Parolin. E venerdì mattina a bordo di una Fiat 500 bianca con vetri oscurati, Papa Francesco si è recato al numero 10 di Via della Conciliazione, sede dell’ambasciatore russo presso la Santa Sede Alexander Avdeev. Bergoglio ha voluto rappresentargli di persona tutta la sua ”preoccupazione”, come riferisce la sala stampa della Santa Sede, per la guerra in Ucraina; ed evidentemente per mettere in piedi una mediazione capace di rilanciare il negoziato e far tacere le armi. Uno sforzo che può prendere corpo a partire dalla tela diplomatica discretamente portata avanti in questi giorni, senza tanto clamore, dal Papa e dai suoi più stretti collaboratori.
Nelle scorse settimane Francesco ha più volte e in vario modo fatto riferimento alla crisi: caldeggiando ”la libertà di ogni Paese”, spiegando di avere ”un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell'Ucraina”, denunciando ”la follia della guerra”. Papa Francesco ha anche lanciato, per il Mercoledì delle Ceneri, il due marzo, inizio della Quaresima e tempo liturgico penitenziale per eccellenza, una giornata di preghiera e digiuno per la pace rivolto a tutti i credenti, ma anche ai non credenti.
Intanto le istituzioni italiane si muovono compatte e chiedono a Putin di fermare immediatamente lo spargimento di sangue, interrompendo le operazioni militari in Ucraina. Giovedì il presidente del Consiglio Draghi ha immediatamente riunito un Cdm, dal quale ha incassato il via libera alle sanzioni. E il Presidente della Repubblica Mattarella (che la Costituzione indica come comandante delle forze armate), ha convocato un Consiglio Supremo di Difesa d’emergenza che conferma la gravità della situazione. Sottolinea il Quirinale: ”Nell'affrontare la crisi in atto, l'Italia manterrà uno stretto raccordo con i propri partner in tutti i principali consessi internazionali. Insieme con i paesi membri dell'Ue e gli alleati della Nato è indispensabile rispondere con unità, tempestività e determinazione. L'imposizione alla Federazione Russa di misure severe vede l'Italia agire convintamente nel quadro del coordinamento in seno all'Unione Europea”. Ma dai toni si percepisce anche la profonda preoccupazione di Mattarella quando la nota del Colle afferma che Putin con ”la sua ingiustificabile aggressione militare sta minacciando la stabilità globale”.
Venerdì Draghi si è recato ieri in Parlamento per una prima informativa. Due le direttrici del suo intervento prima alla Camera e poi al Senato: la parte militare e quella sanzionatoria.
Ha detto Draghi: ”Le forze italiane che prevediamo essere impiegate dalla Nato sono costituite da unità già schierate in zona di operazioni: circa 240 uomini attualmente schierati in Lettonia, insieme a forze navali, e a velivoli in Romania; e da altre che saranno attivate su richiesta del Comando Alleato. Per queste, siamo pronti a contribuire con circa 1.400 uomini e donne dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, e con ulteriori 2 mila militari disponibili”.
Per quanto riguarda le sanzioni, ”l'Italia è perfettamente in linea con gli altri Paesi dell'Unione Europea, primi tra tutti Francia e Germania. Le misure sono state coordinate insieme ai nostri partner del G7, con i quali condividiamo pienamente strategia e obiettivi. Siamo pronti a misure ancora più dure se queste non dovessero dimostrarsi sufficienti.” Le sanzioni approvate, e quelle che potremmo approvare in futuro, ci impongono di considerare con grande attenzione l'impatto sulla nostra economia”. La maggiore preoccupazione, sottolinea il premier, ”riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa”. E le vicende di questi giorni ”dimostrano l'imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all'anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future”.
Il Governo, afferma ancora Draghi, ”è al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica. Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati. Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico. Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Usa”. Il Governo, inoltre, ”è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell'energia, ove questo fosse necessario. Ed è necessario”.
Giampiero Guadagni

( 25 febbraio 2022 )

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