Martedì 22 ottobre 2024, ore 5:03

Politica 

Governo, crisi aperta 

Matteo Renzi ha dunque ritirato la delegazione di Italia viva dal governo Conte bis. Una scelta di coraggio e responsabilità, ha detto l’ex premier nella conferenza stampa che si è svolta mercoledì sera. “La crisi era aperta da mesi e non l’ha aperta Italia viva. Proprio perché c’è la pandemia occorre rispettare le regole democratiche”, ha sottolineato ancora Renzi, che conferma ”l’incrollabile fiducia nel presidente della Repubblica” ma contesta metodo e merito della gestione da parte del governo giallorosso della situazione economico-sociale.
In precedenza, intorno alle 14, il premier Conte era salito al Quirinale per fare il punto della situazione con il capo dello Stato. Nel corso dell’incontro, durato 50 minuti, Mattarella ha chiesto di uscire presto dallo stato di incertezza e di mettere al riparo passi fondamentali come il Recovery Plan e lo scostamento di bilancio. Un colloquio che ha ammorbidito i toni duri di Conte del giorno prima. E tornando a piedi a Palazzo Chigi il premier aveva spiegato: il governo deve avere una maggioranza solida, non può prendere un voto qua e là.
Martedì notte il Consiglio dei ministri aveva dato i via libera al Recovery Plan che vale 22,9 miliardi. In assenza del sì al Mes il piano è passato con l'astensione delle ministre di Italia viva Bellanova e Bonetti. ”Il Mes non è compreso nel Next Generation, non è questa la sede per discutere il punto”, è la replica di Conte. Ha fatto eco il ministro dell’Economia Gualtieri: ”Il Mes non ha nulla a che vedere con il programma Next Generation Eu e anche se si decidesse di attivarlo non avremmo a disposizione risorse per investimenti aggiuntivi”. Mentre il ministro della Salute Speranza ha ricordato quanto fatto per contrastare la pandemia, anche in termini di risorse.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrà dare attuazione al programma Next Generation EU, varato dall'Unione europea per integrare il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 alla luce delle conseguenze economiche e sociali della pandemia.
Secondo le ambizioni dell’esecutivo, l’impatto sarà di 3 punti percentuali in più sul Pil nel 2026, anno finale del Piano.
Per digitalizzazione e cultura sono stanziati 46,18 miliardi. Per la rivoluzione verde 68,9 miliardi. Per le infrastrutture 31,98 miliardi. Per l’istruzione 28,49 miliardi. Per l'inclusione e la coesione (lavoro, famiglia, politiche sociali) 27,62 miliardi. Per la salute 19,72 miliardi.
Nel complesso, ci sono 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. Le risorse sono pari a circa 210 miliardi di euro. Di questi, 144,2 miliardi finanziano nuovi progetti mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a progetti in essere che riceveranno, grazie alla loro collocazione all’interno del Pnrr, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa.(
Con il Piano, il Governo intende massimizzare le risorse destinate agli investimenti pubblici, la cui quota supera il 70%. Gli incentivi a investimenti privati sono pari a circa il 21%.Impiegando le risorse nazionali del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 non ancora programmate, è stato possibile incrementare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi progetti in settori importanti, che comprendono la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l’infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno.
Considerando gli altri fondi Ue, tra cui il Feasr e il Qfp 2021-26, l’Italia potrà gestire complessivamente 310,66 miliardi.
Le risorse per le politiche del lavoro sono state portate a 7,1 miliardi. Formazione, politiche attive, nuove competenze, apprendistato duale e lavoro femminile: sono queste le direttrici su cui dovranno lavorare Parlamento e parti sociali insieme al governo.
Intanto, in una intervista a Famiglia Cristiana la leader Cisl Furlan osserva: “C’è una distanza siderale tra il mondo reale ed il dibattito della politica. Ogni giorno ci sono centinaia di persone che purtroppo muoiono nei nostri ospedali, c’è una bomba sociale che rischia di esplodere, ma non vediamo quella necessaria politica di concertazione, quella necessaria coesione sociale, come avvenne negli anni novanta, che invece servirebbe più che mai oggi al Paese”. Sottolinea ancora Furlan. “Se il Governo avesse scelto la strada della concertazione e di un patto sociale, fin dal varo della Legge di Bilancio, probabilmente non ci troveremmo in questa condizione di confusione e di instabilità ed avremmo evitato gli errori che sono stati commessi in molti provvedimenti dell' Esecutivo: penso per esempio alla questione delle risorse insufficienti per il rinnovo dei contratti pubblici o alla mancanza di assunzioni stabili di personale nella sanità. Siamo in una condizione di sostanziale immobilismo nella selezione delle priorità e dei progetti concreti su cui bisogna oggi puntare. Una condizione che il Paese non può permettersi oggi vista la catastrofe che stiamo vivendo. Non possiamo sprecare l’occasione storica del piano europeo per la crescita. È una inversione di rotta decisiva rispetto agli anni di rigore economico che abbiamo vissuto nell’ultimo decennio. Ma siamo in grave ritardo”. Conclude la leader Cisl: “Tocca alle forze politiche fare chiarezza e sciogliere i nodi della guida del Paese, con senso di responsabilità e soprattutto con rapidità di scelte, come saggiamente ha ripetuto il nostro Presidente della Repubblica Mattarella che rimane per tutti gli italiani un punto di riferimento costante ed una delle poche voci limpide e coerenti nella confusione che regna”.

( 13 gennaio 2021 )

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