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Riforma Pa

Porti, un primo passo avanti

Non tutti i provvedimenti varati ieri dal Consiglio dei ministri sono stati bocciati dal sindacato. E’ il caso ad esempio della riforma dei porti, che in una nota il segretario generale della Fit Cisl, Giovanni Luciano, definisce “un passo avanti nella direzione giusta”.

“Dopo aver approvato a dicembre la nuova legge su escavi e dragaggi nel collegato ambiente, quanto deliberato ieri dal Consiglio dei Ministri per una nuova governance dei porti - sottolinea il sindacalista - è un ottimo inizio verso una riforma della portualità che dia nuove prospettive ai nostri scali”.

“Finalmente - aggiunge Luciano - ritorna centrale tra le priorità del governo la risorsa mare, creando i presupposti per rendere competitivo uno tra i principali asset economici del nostro Paese, dal quale passano circa il 70% delle merci italiane”. “Unico neo che non condividiamo – conclude il segretario generale della Fit – è la soppressione dei comitati portuali, luogo nei quali le parti sociali riuscivano alla pari con gli altri ad avere il giusto peso e la giusta interlocuzione istituzionale. Adesso ci auguriamo che i tavoli di partenariato nei quali saremo chiamati a partecipare, anche se solo in forma consultiva, diano spazio alle giuste discussioni in materie economico-sociali”.

Peccato che la tendenza dell’Esecutivo ad evitare il confronto con le parti sociali altrove rischi di creare più danni che benefici. A ricordarlo in un comunicato è il numero uno della Fns Cisl, Pompeo Mannone, a proposito del trasferimento delle funzioni del Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri. “Crediamo che tale scelta non produca effetti positivi sull’attività ambientale ed agroalimentare, funzioni queste molto importanti per la collettività e per il rispetto e la salvaguardia del territorio. Razionalizzare per noi significa migliorare i servizi ai cittadini, questa è la proposta che abbiamo avanzato, quella cioè di riorganizzare il CFS e renderlo più adeguato alle necessità del Paese. Il Governo ha invece scelto la classica scorciatoia, evitando un approfondimento del tema con il sindacato ed agendo di autorità senza analizzare gli effetti sui servizi e sul personale che sostanzialmente viene indotto a scegliere il cambiamento di status da civile a militare. Una scelta, questa, antistorica e contraria alle indicazioni che pervengono dalla Corte Europea che invita i Paesi della Comunità a garantire diritti e tutele sindacali ai corpi militari. Un passo indietro quindi rispetto alle evoluzioni sindacali che hanno caratterizzato gli anni ’90. Verificheremo dal punto di vista giuridico la legittimità di tali decisioni e non lasceremo nulla di intentato per contrastare tale decisione che troviamo non utile al Paese”.

( 22 gennaio 2016 )

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