Lunedì 29 aprile 2024, ore 9:08

Ucraina 

Sindacati in piazza per la pace 

Cgil, Cisl, Uil, Arci, Acli, Anpi, Auser, Ada, Anteas, Comunità di Sant'Egidio della Lombardia ”condannano in modo fermo l’aggressione militare iniziata contro l’Ucraina da parte della Federazione Russa. Non è mai la guerra la soluzione, anzi la violenza devastante della stessa ricadrà sempre e soprattutto sulle popolazioni civili. La soluzione sta nella diplomazia e dunque nel dialogo”. Per questo motivo sindacati e associazioni in una nota congiunta chiedono a tutte le realtà della società civile di ”mobilitarsi per spingere le istituzioni internazionali, e in particolare l'Italia e l'Unione Europea, ad ottenere una cessazione degli scontri in atto e il ritiro delle forze russe da tutto il territorio ucraino, a ripristinare gli accordi d Minsk, ad avviare trattative che risolvano i conflitti tra Stati nel rispetto del diritto internazionale tramite la diplomazia, il dialogo e la cooperazione”. Un ruolo centrale nella mediazione ai conflitti deve averlo l'Unione Europea ”acquistando quella dimensione di Europa dei Cittadini capace di andare oltre le frammentazioni nazionali odierne e risolutiva nel costruire un sistema di sicurezza di tutte e di tutti”.
Cgil, Cisl e Uil intanto hanno aderito all’appello della Rete italiana Pace e Disarmo e promuovono con le altre organizzazioni la manifestazione a Roma, sabato alle 11 in Piazza Santi Apostoli.
Sottolinea il leader della Cisl Sbarra:”Vogliamo che la mobilitazione del popolo del lavoro sia forte, diretta e da stimolo e sostegno a tutte le azioni che le nostre istituzioni e le forze politiche metteranno in campo nelle prossime ore. Come sindacato abbiamo prontamente messo in campo una serie di iniziative e di mobilitazioni”. Aggiunge Sbarra: ”Il conflitto avrà ricadute economiche pesanti, basta vedere il crollo della Borsa, l'impennata ulteriore del costo dell'energia e le ripercussioni che cominciamo a registrare su alcuni grandi settori, come l'alimentare. Si rischia una pesante contrazione anche delle esportazioni, in una fase in cui il Paese cominciava a vivere timidi segnali di ripresa economica. Ecco perché pensiamo che l'Europa debba parlare con un'unica voce, sia nel rapporto con la Russia sia nella comunità internazionale e deve sostenere questa fase anche con ulteriori risorse”.
Da parte sua il segretario generale della Cgil Landini rimarca: ”Questo è il momento di scendere in piazza per dire no alla guerra. "L'Ucraina può sembrare lontana ma è vicinissima, non solo perché è in Europa ma perché c'è il rischio che la guerra possa innescare una spirale pericolosa in un momento in cui si stanno ridefinendo gli equilibri del mondo perché si stanno cambiando sistemi sviluppo”.
Anche la Uil condanna l'aggressione militare della Russia al territorio ucraino. "In queste ore drammatiche - dice il segretario generale Bombardieri - la nostra solidarietà va al popolo e ai lavoratori dell'Ucraina. L'Unione europea agisca ispirata dai suoi principi costitutivi a difesa di pace e democrazia”.
Dal fronte delle parti sociali si fa sentire la voce del Presidente di Confindustria Bonomi pe il quale ”il precipitare degli eventi in Ucraina chiama oggi tutti a riaffermare l’impegno a sostegno della libertà. L'Italia è particolarmente esposta sul gas e il rischio di conseguenze peggiori in relazione a quanto sta avvenendo in queste drammatiche ore si aggiunge alle grandi difficoltà che, negli ultimi mesi, hanno già considerevolmente colpito le imprese e frenato la ripresa italiana”.
Le istituzioni italiane si muovono compatte e chiedono a Putin di fermare immediatamente lo spargimento di sangue, interrompendo le operazioni militari in Ucraina. Giovedì il presidente del Consiglio Draghi ha immediatamente riunito un Cdm, dal quale ha incassato il via libera alle sanzioni. E il Presidente della Repubblica Mattarella (che la Costituzione indica come comandante delle forze armate), ha convocato un Consiglio Supremo di Difesa d’emergenza che conferma la gravità della situazione. Sottolinea il Quirinale: ”Nell'affrontare la crisi in atto, l'Italia manterrà uno stretto raccordo con i propri partner in tutti i principali consessi internazionali. Insieme con i paesi membri dell'Ue e gli alleati della Nato è indispensabile rispondere con unità, tempestività e determinazione. L'imposizione alla Federazione Russa di misure severe vede l'Italia agire convintamente nel quadro del coordinamento in seno all'Unione Europea”. Ma dai toni si percepisce anche la profonda preoccupazione di Mattarella quando la nota del Colle afferma che Putin con ”la sua ingiustificabile aggressione militare sta minacciando la stabilità globale”.
Venerdì Draghi si è recato ieri in Parlamento per una prima informativa. Due le direttrici del suo intervento prima alla Camere e poi al Senato: la parte militare e quella sanzionatoria.
Ha detto Draghi: ”Le forze italiane che prevediamo essere impiegate dalla Nato sono costituite da unità già schierate in zona di operazioni: circa 240 uomini attualmente schierati in Lettonia, insieme a forze navali, e a velivoli in Romania; e da altre che saranno attivate su richiesta del Comando Alleato. Per queste, siamo pronti a contribuire con circa 1.400 uomini e donne dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, e con ulteriori 2 mila militari disponibili”.
Per quanto riguarda le sanzioni, ”l'Italia è perfettamente in linea con gli altri Paesi dell'Unione Europea, primi tra tutti Francia e Germania. Le misure sono state coordinate insieme ai nostri partner del G7, con i quali condividiamo pienamente strategia e obiettivi. Siamo pronti a misure ancora più dure se queste non dovessero dimostrarsi sufficienti.” Le sanzioni approvate, e quelle che potremmo approvare in futuro, ”ci impongono di considerare con grande attenzione l'impatto sulla nostra economia”. La maggiore preoccupazione, sottolinea il premier, ”riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa”. E le vicende di questi giorni ”dimostrano l'imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all'anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future”.
Il Governo, afferma ancora Draghi, ”è al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica. Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati. Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico. Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Usa”. Il Governo, inoltre, ”è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell'energia, ove questo fosse necessario. Ed è necessario”.
Giampiero Guadagni

( 25 febbraio 2022 )

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