Sabato 27 aprile 2024, ore 12:51

Europa 

Bruxelles “delusa” da Roma: a rischio il paracadute per le banche 

Siamo al paradosso. Dai festeggiamenti al rammarico. All'indomani dell'intesa dei ministri delle Finanze europei sul nuovo Patto di stabilità, l'Europa resta a guardare il voto con il quale il Parlamento italiano mette la parola fine alla riforma del fondo salva-Stati. Ora il completamento dell'Unione bancaria è a rischio - è il monito comune dai toni duri del direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, e del presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe -, con il paracadute per le crisi bancarie previsto nella nuova versione del Mes che, senza il sì dell'Italia, non potrà più essere azionato il 1° gennaio come invece concordato da tutti i leader nel pieno della crisi del Covid.

E se per il governo si tratta di un'occasione per avviare una riflessione sullo strumento, per i vertici comunitari è l'ennesima occasione persa per avvalersi di un'arma in più per difendersi dagli choc economici che - è il ragionamento che circola fino alla sede del Mes a Lussemburgo - sono "imprevedibili" e mettono a repentaglio la stabilità finanziaria dell'intera Eurozona. Accompagnato per lungo tempo dallo stigma per il suo ruolo nel salvataggio lacrime e sangue della Grecia, il Mes farebbe da paracadute (backstop) al fondo salva-banche Srf (il Fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse) scongiurando che siano i governi nazionali a dover mettere mano al portafoglio in caso di crisi creditizia. Un duplice tentativo di prevenire le crisi invece di curarle con dolorosi programmi di aggiustamento, e di contenere i rischi di contagio. Ma senza il sostegno dell'Italia, ha commentato Donohoe, viene a mancare "una pietra miliare importante verso il completamento dell'Unione bancaria".

Una Unione già tormentata dalle visioni contrapposte di falchi e colombe, con la ratifica del trattato tenuta per lunghi mesi in ostaggio anche a Berlino per un ricorso - poi respinto - promosso dai liberali tedeschi per i timori di "un trasferimento di poteri sovrani" incostituzionale e di condividere i rischi con i mediterranei. Ora che a mancare è però soltanto l'Italia nonostante, nelle parole pronunciate da Gramegna, i benefici che il backstop porterebbe "a tutti i Paesi dell'Eurozona", non restano che "il rispetto" del voto del Parlamento e il "rammarico" per un impegno che - ha ricordato il ministro delle Finanze irlandese alla guida dell'Eurogruppo dal 2020 - era stato assunto da tutti, Roma compresa. Del resto, aveva ammonito anche il presidente uscente del Consiglio di vigilanza della Bce Andrea Enria, nei giorni scorsi, seppur le banche europee quest'anno abbiano dato prova di resilienza, l'incertezza permane e la guardia va tenuta alta. Un contesto davanti al quale il rafforzamento del fondo salva-banche resta un obiettivo a Bruxelles e a Lussemburgo. L'impegno dell'Eurogruppo per convincere Roma, rassicura Donohoe, "continuerà". Ma per il momento tutto slitta, nella migliore delle ipotesi per la prospettiva comunitaria, a data da definirsi. La sola certezza, ammette il Mes, è che la riforma resterà al palo.

E che il fondo salva-Stati continuerà ad "adempiere all'importante mandato per il quale è stato creato: garantire la stabilità finanziaria nell'Eurozona". Limitandosi però "all'ambito attuale". In effetti, il nuovo Meccanismo europeo di stabilità , che l'Italia non ha ratificato, nasce dal vecchio fondo salva-Stati che l'Ue ha voluto riformare dopo il doloroso salvataggio della Grecia, per rimuoverne le componenti più criticate come l'infausto Memorandum che imponeva tagli e riforme lacrime e sangue in cambio degli aiuti. Archiviata la stagione dell'austerity, l'Ue decise di dare nuovi compiti e poteri al fondo che, per rifarsi un'immagine, avrebbe potuto dare una mano ai Paesi anche prima di finire in crisi. L'idea è stata quindi rafforzare e semplificare l'uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del salvataggio di un Paese, ovvero le linee di credito precauzionali: un Paese potrebbe chiederle qualora venisse colpito da uno shock economico e volesse evitare di finire sotto stress sui mercati.

La riforma elimina il contestatissimo Memorandum sostituendolo con una lettera d'intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità. Un problema per i Paesi con deficit e debiti alti: per loro l'unica possibilità sarebbe una linea di credito "a condizionalità rafforzata", ovvero che concede aiuti solo a fronte di correzioni dei conti. La riforma affida al Mes anche un altro compito, pensato a tutela dei contribuenti: fornire un paracadute finanziario (backstop) al fondo salva-banche Srf (il fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse), qualora, in casi estremi, dovesse finire le risorse a disposizione per completare i 'fallimenti ordinati' delle banche in difficoltà. Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi. È uno dei tasselli mancanti dell'Unione bancaria che tutti i governi italiani, dall'inizio della discussione sulla riforma nel 2018, avevano fortemente voluto.

Rodolfo Ricci

( 22 dicembre 2023 )

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