Le conseguenze umanitarie, sociali, economiche delle guerra in Ucraina continuano ad aumentare, così come quelle alimentari. A tre mesi dall'inizio la guerra, secondo un’analisi Coldiretti, il conflitto è già costato oltre 90 miliardi di dollari a livello globale solo per l'aumento dei prezzi del grano: più 36%. Ma i rincari si sono propagati su tutti i prodotti alimentari. Le quotazioni del grano oscillano attorno ai 12 dollari per bushel (27,2 chili), determinando, spiega Coldiretti, una situazione che “nei paesi ricchi ha generato inflazione ma in quelli poveri provoca carestia e rischi di rivolte con ben 53 Paesi a rischio alimentare secondo l'Onu”. A guadagnare è stata invece “la speculazione sulla fame che si sposta dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l'oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell'offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati future, uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto”.
Nel 2022-23, secondo l'International Grains Council (IGC), citato da Coldiretti, la produzione mondiale di cereali è stimata in calo di appena il 2% rispetto allo scorso anno, per il calo di mais, grano e sorgo, ma comunque è la seconda più ricca di sempre. Per quanto riguarda il grano, la produzione mondiale per il 2022/23 è in calo per effetto anche della riduzione negli Stati Uniti, in India e soprattutto in Ucraina dove il raccolto è stimato al 40% in meno rispetto all’anno passato. In controtendenza, sale il raccolto in Russia. Una situazione che, denuncia Coldiretti, rischia di sconvolgere gli equilibri geopolitici mondiali con Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.
Ilaria Storti