Per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Sud, Luigi Sbarra, i dati Istat ”delineano per il 2024 un quadro positivo per il Mezzogiorno, che si conferma l'area del Paese con la dinamica occupazionale più sostenuta. L'occupazione nel Sud cresce infatti del 2,2% rispetto all'anno precedente, un ritmo nettamente superiore alla media nazionale dell'1,6% e più elevato rispetto a tutte le altre ripartizioni territoriali. Un segnale chiaro di rafforzamento strutturale del mercato del lavoro meridionale”. Accanto alla crescita dell'occupazione, aggiunge Sbarra, ”i dati Istat evidenziano segnali positivi anche sul piano economico. Nel 2024 il Pil pro capite del Mezzogiorno si attesta a 24,8 mila euro, in aumento rispetto ai 24 mila euro del 2023'' e ''il reddito disponibile delle famiglie nel Mezzogiorno è cresciuto del 3,4% rispetto all'anno precedente - un dato superiore alla media nazionale del 3,0% - rafforzando la capacità di spesa e il benessere economico delle stesse”. Nel complesso, conclude Sbarra ”i dati Istat restituiscono l'immagine di un Mezzogiorno in crescita, capace di esprimere un aumento occupazionale diffuso e di porre basi più solide per lo sviluppo economico. Un segnale incoraggiante che rafforza il ruolo del Sud come leva strategica per la crescita complessiva del Paese”.
Nel Mezzogiorno l'economia non osservata pesa di più. Lo rileva l'Istat nei Conti economici territoriali riferiti agli anni 2022-2024. Nel 2023, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni l'economia non osservata (definita dalla somma della componente sommersa e di quella illegale) ha rappresentato in Italia l'11,3% del valore aggiunto complessivo. Si sono confermate come componenti più rilevanti il valore aggiunto occultato attraverso la sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6%) e l'impiego di lavoro irregolare (4%), mentre l'economia illegale, le mance e il valore dei fitti in nero hanno inciso nel complesso per l'1,7%. L'incidenza sul Pil, in lieve aumento rispetto al 2022, è stata pari al 10,2%. Il peso dell'economia non osservata è più alto nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 16,5% del valore aggiunto, e a seguire nel Centro (11,8%). Sensibilmente più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l'incidenza nel Nord-est (9,3%) e nel Nord-ovest (8,9%). Nelle ripartizioni territoriali si conferma una diversa rilevanza delle tre componenti dell'economia non osservata, già rilevata a livello nazionale. Prevale ovunque l'incidenza della rivalutazione da sotto-dichiarazione; questa raggiunge il livello più alto nel Mezzogiorno (7,6% del valore aggiunto), mentre è più contenuta nel Nord-ovest (4,5%). Anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è particolarmente elevata nel Mezzogiorno (6,5%). La sua incidenza è in linea con la media nazionale nel Centro (4%), mentre è inferiore di circa 1 punto percentuale nelle altre due ripartizioni (3,1% e 3%, rispettivamente nel Nord-est e nel Nord-ovest).
A livello regionale, il peso dell'economia non osservata varia dal massimo della Calabria, pari al 19% del valore aggiunto complessivo, al minimo della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (7,4%). La quota più elevata di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato si osserva in Puglia (8,3%), Sardegna e Marche (7,7% per entrambe); mentre l'incidenza più bassa si registra nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (2,9%) e, a seguire, nella Provincia autonoma di Trento (3,5%) e in Lombardia (4,2%). Il sommerso dovuto all'impiego di lavoro irregolare presenta le incidenze più elevate in Calabria, Campania e Sicilia; le quote più contenute si osservano in Lombardia, Provincia autonoma di Bolzano/Bozen e Veneto. Infine, l'economia illegale e le altre componenti dell'economia non osservata presentano un'incidenza sul valore aggiunto compresa tra l'1,2% della Lombardia e del Veneto e il 3,2% della Calabria.
Giampiero Guadagni
