Le Montagne Rocciose non riescono ad ispirare proprio i Grandi della terra. Anche se il G7 canadese riserva una nuova sorpresa, dopo la partenza anticipata di Donald Trump per l'escalation in Medio Oriente. I leader, aggiustando il linguaggio della bozza, sono riusciti a convincere il presidente americano a firmare una "dichiarazione sui recenti sviluppi tra Israele e Iran", dopo il suo iniziale rifiuto.
Nella premessa i sette ribadiscono il loro "impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente" e affermano in questo contesto che "Israele ha il diritto di difendersi", confermando il loro "sostegno alla sicurezza di Israele" ma affermando "anche l'importanza della protezione dei civili". "Israele ha il diritto di difendersi", l'Iran "non potrà mai avere l'arma nucleare", scrivono i leader mondiali nel comunicato congiunto del summit di Kananaskis. "Resteremo vigili sulle implicazioni per i mercati energetici internazionali e pronti a coordinarci", sottolineano. Quindi hanno puntato il dito contro Teheran accusandolo di essere "la principale fonte di instabilità e terrore nella regione" e ricordando di aver sempre "affermato con chiarezza che l'Iran non deve mai ottenere un'arma nucleare".
Quindi il passaggio chiave, dopo la modifica della formulazione iniziale che prevedeva solo un appello alla de-escalation del conflitto tra Israele e Iran: "sollecitiamo che la risoluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, compreso un cessate il fuoco a Gaza". Infine l'assicurazione che "resteremo vigili rispetto alle implicazioni per i mercati energetici internazionali e pronti a coordinarci, anche con partner che condividono i nostri stessi valori, per tutelare la stabilità del mercato". Un primo successo del premier Mark Carney, padrone di casa del G7, e del coordinamento degli alleati, che hanno tessuto una paziente tela diplomatica, salvando per ora l'unita' del gruppo.
E Teheran? L'Iran ha subito risposto al G7. Dopo la dichiarazione dei leader occidentali, che chiedevano la fine del conflitto in Medio Oriente ribadendo l'impossibilità per Teheran di ottenere un'arma nucleare, è arrivata la risposta della Repubblica Islamica: "'Il G7 deve abbandonare la sua retorica unilaterale e affrontare la vera fonte dell'escalation: l'aggressione di Israele'', ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Esmaeil Baqaei in un post su 'X'. Riferendosi proprio alla dichiarazione firmata dai leader del G7 riuniti in Canada, Baqaei ha affermato che il documento ''ha ignorato in modo evidente la palese aggressione di Israele contro l'Iran e gli attacchi illegali alle nostre infrastrutture nucleari pacifiche, nonché gli attacchi indiscriminati alle aree residenziali e l'uccisione dei nostri cittadini''.
Davanti a questo, ha proseguito, ''gli stati membri del G7, in particolare i tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, devono assumersi la propria responsabilità legale e morale nei confronti di un atto di aggressione eclatante contro un membro delle Nazioni Unite''. Affermando che ''le cose vanno chiamate con il loro nome'', Baqaei ha sostenuto che ''la guerra di aggressione di Israele contro l'Iran è un duro colpo per la Carta delle Nazioni Unite e per il diritto internazionale. È anche un attacco senza precedenti ai principi del Trattato di non proliferazione''. Da segnalare che è salta in terra canadese il primo incontro tra il presidente sudcoreano Lee Jae-myung e quello americano Donald Trump: atteso a margine del G7, con un'agenda fitta a partire dal corposo dossier commerciale, il faccia a faccia è stato cancellato a causa della partenza anticipata del tycoon per Washington sulla crisi in corso tra Israele e Iran.
Lo riferisce la Yonhap, in base a quanto comunicato dall'Ufficio presidenziale di Seul, secondo cui è confermato il bilaterale con il premier nipponico Shigeru Ishiba, anche in questo caso il primo di Lee, insediato alla presidenza sudcoreana appena il 4 giugno. Alla vigilia del vertice di Kananaskis , Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief) ha denunciato il disimpegno dei Paesi del nel sostegno allo sviluppo del Sud globale: nel 2026 ci sarà una riduzione degli aiuti del 28%. I Paesi europei, in particolare Francia, Germania e Regno Unito, sembrano intenzionati a seguire l’esempio degli Stati Uniti, che hanno smantellato Usaid (United States Agency for International Development), l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale.
Usaid sosteneva Ong, statunitensi e straniere, e agenzie umanitarie dell’Onu presenti nei singoli Paesi in situazioni di emergenza umanitaria. Il drastico ridimensionamento di fondi e di personale già in corso cui seguirà il 30 settembre di quest’anno la completa chiusura di questa agenzia federale, decisa dall’amministrazione Trump sta avendo già importanti conseguenze in Colombia, Ecuador, Iraq, Kenya, Libano, Somalia e Uganda e in altre realtà che vivono profondi disagi.
Rodolfo Ricci