Donald Trump apre alla Cina di Xi Jinping. Almeno così sembra. Assicurando che sarà "molto gentile" durante i colloqui commerciali, il presidente americano aleggia la possibilità di una riduzione sostanziale dei dazi. Una prova di disgelo che fa volare le borse ed è accolta positivamente da Pechino: la porta delle trattative è spalancata. Al momento non c'è però alcun colloquio in corso fra le due superpotenze economiche. La Cina anzi nega di aver avviato con gli Usa negoziati sul commercio e definisce "Informazioni false" i recenti messaggi americani secondo cui le parti stanno trattando e troveranno persino un accordo.
"Per quanto a mia conoscenza, Cina e Stati Uniti non si sono consultati né hanno negoziati sulla questione dei dazi, né tantomeno hanno raggiunto un accordo", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun. Intanto, il tycoon intende esonerare le case automobilistiche da alcuni dei dazi più elevati che ha imposto. Lo riporta il Financial Times citando alcune fonti, secondo le quali il presidente intende escludere i componenti dalle tariffe imposte sulle importazioni dalla Cina per il fentanyl, ma anche da quelli sull'acciaio e l'alluminio. Le esenzioni lasceranno in vigore dazi al 25% su tutte le auto prodotte all'estero. Un altro 25%, che scatterà 3 marzo, resterà in atto per i componenti.
Per le case automobilistiche l'esenzione è una vittoria e arriva dopo una intensa azione di lobbying.Washington "non ha ancora" parlato con la Cina di dazi, ha detto il segretario al Tesoro Scott Bessent, a cui Trump ha affidato il dossier commerciale. Parlando di livelli tariffari "insostenibili" fra i due Paesi, Bessent ha messo in evidenza la necessità di una "de-esclation" per poter iniziare un confronto chiaro e costruttivo. In quest'ottica si inseriscono le ipotesi allo studio della Casa Bianca per un taglio sostanziale delle tariffe alla Cina, attualmente al 145%, per allentare la tensione. I dazi - secondo le indiscrezioni del Wall Street Journal - potrebbero calare in una forchetta fra il 50 e il 65%, venendo quindi più che dimezzati.
Un'altra opzione al vaglio è quella di un approccio a più livelli, con dazi al 35% sui beni Made in China non ritenuti una minaccia alla sicurezza e al 100% per i prodotti invece considerati strategici per gli interessi americani. Nessuna decisione definitiva è stata comunque ancora presa dal presidente. E Bessent ha assicurato che non c'è o ci sarà una riduzione unilaterale: "Come ho detto molte volte, non credo che nessuna delle due parti", ovvero Washington e Pechino, "creda che gli attuali livelli tariffari siano sostenibili, quindi non sarei sorpreso se diminuissero in modo reciproco".
I toni ammorbiditi di Trump nei confronti della Cina rassicurano i mercati finanziari. Avanza decisa anche Wall Street, rassicurata anche dal chiarimento di Trump sul presidente della Fed. "Non ho alcuna intenzione" di rimuoverlo, ha detto il tycoon. Le piazze finanziarie vedono in quella che ritengono "un'inversione a U" del presidente sulla Cina e su Jerome Powell una riduzione dell'incertezza e una possibile soluzione a una guerra commerciale dall'impatto globale. Pur escludendo una recessione, il Fondo monetario internazionale ha infatti rivisto al ribasso le stime di crescita mondiali per le tariffe e messo in guardia sui rischi al ribasso che gravano sull'economia. I dazi sono stati uno dei temi sul tavolo del G20 dei ministri finanziari e dei governatori delle banche centrali riuniti a Washington a margine dei lavori del Fondo.
La partita fra gli Stati Uniti e la Cina si gioca mentre la Casa Bianca continua il dialogo con l'Unione Europea. Dei primi contatti fra Trump e la presidente della commissione, Ursula von der Leyen, potrebbero esserci oggi, in quanto i due leader sono a Roma per i funerali di papa Francesco. Un'occasione quantomeno per una stretta di mano, se non per brevi colloqui distensivi o per fissare la data di un incontro ufficiale magari fra maggio e giugno, arco temporale che consentirebbe di continuare a lavorare per centrare almeno una cornice di accordo commerciale. L'Ue continua a sperare di poter raggiungere un'intesa ma si prepara al peggio e, in un assaggio del bazooka che potrebbe usare contro gli Stati Uniti di Trump, ha multato Apple per 500 milioni di euro e Meta per 200 milioni per violazioni del regolamento sui mercati digitali Dma.
Una mossa che appare come un avvertimento al presidente americano, che da mesi critica il pungo duro europeo contro Big Tech e si è spinto fino a definire 'dazi' le multe inflitte. Trump ha fatto della difesa della Silicon Valley dagli attacchi europei una priorità visti anche i suoi rapporti sempre più stretti con i miliardari tech. Mark Zuckerberg di Meta e Tim Cook di Apple erano alla cerimonia del suo giuramento e hanno contribuito a finanziarlo. La loro speranza ora è che il presidente possa aiutarli nella loro battaglia.
Rodolfo Ricci