Martedì 7 maggio 2024, ore 7:49

Energia

Trivelle, un referendum inutile e fuorviante

La spesa energetica resta la cartina di tornasole di una crisi che non accenna a diminuire. Basta guardare al dato delle esportazioni italiane che a gennaio sono precedute da un chiaro segno negativo. L’Istat, in particolare, segnala un calo del 2,2% rispetto al mese precedente e del 3,5% rispetto all’anno precedente (nei dati grezzi). Anche le importazioni sono in calo dello 0,6% sul mese e del 3,2% sull’anno. Il calo congiunturale dell’export è determinato dalla contrazione delle vendite verso i mercati extra Ue (-6,3%), mentre quelle verso i mercati Ue (+1,1%) sono “in contenuto aumento”. L’Istat in questo quadro rileva il “forte calo” le vendite di prodotti energetici(-22,2%).

A conti fatti, la bilancia commerciale dell’Italia a gennaio chiude in avanzo per 35 milioni. Rispetto allo stesso mese del 2015, quando il saldo era attivo per 134 milioni c’è una riduzione del 73,8%. Il risultato di gennaio 2016 è la sintesi del surplus realizzato negli scambi verso l’area Ue (+521 milioni) e del risultato negativo conseguito con i paesi dell’area extra Ue (-486 milioni). Il calo del prezzo del petrolio e delle materie prime in genere pesa in misura rilevante. E non comporta, come si vede, solo vantaggi.

Allo stesso modo, occorrerebbe considerare bene vantaggi e svantaggi del blocco delle estrazioni lungo le nostre coste. Una riflessione che il referendum del prossimo 17 aprile non consente. Ne è convinta la Cisl, che nell’ultimo Esecutivo confederale ha approvato un ordine del giorno che definisce “inutile e fuorviante” il suddetto referendum. Tecnicamente, infatti, il quesito ammesso al referendum chiede di esprimersi per cancellare la norma che consente alle società che hanno già la concessione rilasciata nel rispetto dei requisiti tecnici e delle disposizioni di legge sulla tutela dell’ambiente, di poter protrarre l’estrazione degli idrocarburi al di là del termine temporale della concessione. Questo impedirebbe alle società produttive di poter dilazionare l’estrazione nei momenti di maggiore stabilità e convenienza del prezzo del petrolio. L’eventuale cancellazione di questa norma non cancella quindi il diritto delle imprese a continuare le estra zioni, cancella invece la possibilità di posticiparle in periodi più redditizi e temporalmente oltre la scadenza formale della concessione. Contrariamente quindi a quanto sostenuto dalla propaganda dei comitati NO/TRIV - avverte la Cisl - anche un eventuale esito positivo d el referendum non farebbe cessare alcuna attività estrattiva, la renderebbe oggi solo meno conveniente per le imprese e per i territori e domani metterebbe a rischio investimenti e l’occupazione nel settore.

( 17 marzo 2016 )

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