Mercoledì 24 aprile 2024, ore 2:15

Economia 

Sugar Tax, a rischio 5 mila posti di lavoro e 180 milioni di fatturato 

La Sugar Tax costerà al mercato 180 milioni di euro di fatturato nel 2022, rispetto al 2019, 250 milioni di forniture e oltre 5 mila posti di lavoro: è quanto previsto dallo studio Nomisma presentato al Cibus di Parma nel corso del convegno “La filiera delle bevande analcoliche, rischi e opportunità”, organizzato da Assobibe, associazione di Confindustria che rappresenta le aziende produttrici di bevande analcoliche, e Confagricoltura.

L’analisi elaborata sull’entrata in vigore della Sugar Tax prevista per il prossimo 1° gennaio 2022, prevede in particolare che l’introduzione dell’imposta comporterà un incremento della fiscalità del 28% e una penalizzazione dei consumi con ripercussioni negative su ogni anello della filiera e su un settore già fortemente indebolito dalla pandemia. “Lo studio dimostra gli effetti devastanti, economici e sociali dell’introduzione di un’imposta del valore di 10 euro/ettolitro in un momento già così incerto”commenta Giangiacomo Pierini, presidente Assobibe che aggiunge: “Anziché facilitare crescita e occupazione, con l’introduzione della Sugar Tax nel 2022 si avrà una contrazione del 16% del mercato a volume, meno 180 milioni di euro di fatturato rispetto al 2019 e meno 344 milioni di euro se consideriamo la perdita di giro d’affari nel 2023 rispetto al 2019”.

“La Sugar Tax - afferma il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti - rischia inoltre di dare il colpo di grazia al comparto saccarifero nazionale, già fortemente danneggiato dalla liberalizzazione delle quote, che ha contribuito alla decimazione del numero di imprese e di zuccherifici. Sarebbe piuttosto opportuno individuare misure che siano adeguate ed effettivamente funzionali all’obiettivo di garantire la salvaguardia della salute e del benessere”.

Al convegno è intervenuto anche il segretario generale della Fai Cisl Onofrio Rota: “Come Fai Cisl abbiamo da sempre avanzato forti dubbi sul senso di una imposta sul gusto dolce: primo, perché colpisce la grande maggioranza delle imprese del comparto delle bevande, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e, secondo, in quanto perfettamente inutile rispetto agli obiettivi di salute pubblica che pretende realizzare. Sembra ambiguo - prosegue il segretario - pensare che una tassa, determinando un aumento dei costi dei prodotti, possa essere educativa nei confronti dei consumatori. In altri Paesi ha già dimostrato di non funzionare”.

Per Rota “la leva pubblica”dovrebbe essere usata in modo diverso, ossia “ per avviare, già nelle scuole, percorsi di educazione a una corretta alimentazione, ed eventualmente per prevedere bonus fiscali premiali capaci di agevolare l’innovazione verso linee di prodotti più salubri e verso un minore impatto ambientale delle produzioni”. E aggiunge: “L’educazione alimentare, il sostegno alla dieta mediterranea e a consumi alimentari più consapevoli, la lotta al cosiddetto 'junk food', non si realizzano con nuovi balzelli che danneggiano lavoratori e imprese”.

Prioritario per il sindacalista che il governo si confronti con le parti sociali e ripensi la scelta fatta su questa tassazione, così come sulla plastic tax. “Queste imposte - conclude Rota - rischiano di gravare inoltre solo sulle produzioni realizzate sul territorio italiano a vantaggio dei prodotti importati da altri Paesi. Serve un ragionamento più ampio. Guardiamo a quanto accaduto in passato con il settore bieticolo-saccarifero: l’Italia ha smantellato i propri zuccherifici, con danni importanti a imprese e posti di lavoro, con il risultato che oggi Francia e Germania forniscono zucchero in tutta Europa: siamo sicuri sia stata una scelta strategica?”.
Sara Martano
 

( 2 settembre 2021 )

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