Martedì 7 maggio 2024, ore 18:45

Bruxelles 

Ue: avanti sulla minimum tax ma non mancano ostacoli 

Messe da parte le prime schermaglie sulla revisione delle regole comuni sui conti pubblici, tra i ministri finanziari dei Paesi Ue è subito tempo di un altro confronto. Questa volta sulla tassazione minima sulle multinazionali, celebrata non più tardi di quattro mesi fa dopo cinque anni di estenuanti negoziati in seno all'Ocse. Nemmeno la portata storica dell'accordo, siglato a ottobre da 137 Paesi (tutti e Ventisette gli europei compresi), sembra bastare per garantirne un'agile entrata in vigore nel Continente. Al contrario, Polonia e Ungheria guidano la resistenza di un drappello di Paesi che, secondo il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, ha ben poco di comprensibile. A meno di non inserirla nel quadro politico dell'ormai perenne scontro tra Varsavia, Budapest e Bruxelles sul rispetto dei valori democratici europei. Fresca presidente di turno dell'Ue, Parigi punta a chiudere nei prossimi due mesi la partita per attuare l'accordo a due pilastri che introduce la minimum tax globale al 15% per le multinazionali che realizzano un fatturato superiore ai 750 milioni annui. E per il momento Le Maire proclama di avere "piena fiducia" di raggiungere il consenso unanime necessario tra gli Stati membri. Ma gli ostacoli non mancano. E partono da Polonia e Ungheria che, insieme all'introduzione dell'aliquota minima globale sulle società, chiedono che si avanzi anche sulla parte dell'accordo che prevede la riallocazione dei profitti delle società in base a dove operano e non a dove hanno la loro sede. Elemento chiave per la redistribuzione degli utili delle Big Tech sul suolo europeo. A fare da sfondo, poi, ci sono i malumori di quei Paesi con tassazioni basse, come l'Estonia, già in passato reticenti a salire a bordo dell'intesa. Tutti "hanno accettato l'accordo Ocse" quindi opporsi ora "non è comprensibile", ha attaccato Le Maire, assicurando l'intesa sarà recepita "esattamente negli stessi termini". L'importante, secondo il francese, mostrare la leadership dell'Europa. E per portare a termine l'obiettivo Parigi può contare su Roma. All'Ecofin, il ministro Daniele Franco non si è sottratto dal ricordare che l'accordo "è particolarmente importante per rafforzare il ruolo dell'Europa e la sua competitività" e "una rapida approvazione è importante" anche "come incentivo per le giurisdizioni terze a seguire l'esempio". Poi alcune precisazioni tecniche a sostegno del lavoro francese: nel trasporre l'intesa in Ue, ha osservato Franco, "è importante limitare il più possibile le deviazioni dal modello Ocse" e i due pilastri "hanno obiettivi e ambiti di applicazione diversi, la loro attuazione segue due percorsi giuridici distinti". Nell'attesa di appianare le vedute per procedere spediti sull'agenda della tassazione, sul fronte del Patto di stabilità i leader delle 'colombe' e dei 'falchi' cercano la convergenza. Per Le Maire il disaccordo con il collega tedesco Christian Lindner è soltanto "una leggenda urbana e bruxellese" perché sia Parigi che Berlino, così come gli altri, condividono "la stessa volontà di trovare un nuovo equilibrio tra gli investimenti e il risanamento delle finanze pubbliche". Un'apertura suggellata anche dall’esordiente liberale dell'Fdp che, prima di lasciare Bruxelles, ha giurato a favore di telecamere: "Non sono un falco che mette paura. Sono un falco amico".
Rodolfo Ricci

( 19 gennaio 2022 )

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