Dunque, l’economia è ”rimasta resiliente” in un periodo difficile vista l'importanza dell'export delle imprese italiane. Attenzione, però, dice il Fmi: i rischi "sono al ribasso". Un'inasprimento dei dazi (dato quasi per scontato nell'attuale negoziato Usa-Ue) "potrebbe ridurre la crescita indebolendo la domanda esterna e gli investimenti privati". Fondamentale la messa a terra del Pnrr, ”accelerata dopo i ritardi iniziali, anche se con una spesa significativa ancora da portare a termine”, da realizzare sia sugli investimenti sia sulle riforme. Il Fondo monetario internazionale nota che la crescita italiana resta ”fra le più basse” nell'area euro, e dà la colpa al ”contributo debole della produttività totale dei fattori e del capitale”, contraddicendo la narrazione sulla bassa produttività del lavoro. Senza fare nulla, complice anche l'invecchiamento della popolazione, la crescita potenziale dell'Italia finirebbe su un livello compreso fra zero e lo 0,4% fra 15 anni. Le sole riforme del Piano Draghi aumenterebbero la crescita potenziale di oltre 0,2 punti percentuali l'anno" in un orizzonte decennale. Anche sui conti pubblici, la valutazione del Fmi è un mix di apprezzamento per la tenuta e invito a non sottovalutare i rischi di lungo termine. Non manca il riferimento al saldo corrente tornato positivo nel 2024 nonostante lo shock energetico e al miglioramento della posizione netta sull'estero al 15,3% del Pil, deus ex machina del miglioramento dei rating. Per gli esperti dl Fmi ”la altre misure incluse nella legge di bilancio 2025 contribuiranno a rafforzare ulteriormente la performance positiva nei prossimi anni. Tuttavia se il deficit è più che dimezzato nel 2024, per il Fmi il debito "resta alto" ancorché su una traiettoria meno alta rispetto alle previsioni precedenti. I tecnici del Fondo raccomandano di continuare a risanare i conti ”raggiungendo un surplus primario del 3% entro il 2027”, più del doppio del Psb italiano, ”per ridurre in modo decisivo il debito e contenere le vulnerabilità”. Nel medio e lungo termine, infatti, le analisi del Fmi dicono che i rischi di stress sul debito sono alti con ”elevata probabilità che non si stabilizzi”. Una valutazione complessiva parla di rischi soltanto ”moderati” grazie al paracadute della Bce, all'elevata durata media dei Btp, all'appetito delle famiglie per i bond governativi e a un legame attenuato fra banche e debito sovrano.
Giampiero Guadagni