La Fed, con le mani legate dall'inflazione, non promette nulla sui tassi. La Bce, invece, taglia ancora una volta nel meeting di ieri, con un'accelerazione dettata dalla guerra commerciale scatenata da Trump, ma pensando anche all'euro, che ha preso il volo sul dollaro ai massimi di tre anni. Un mese fa la Bce pensava di prendere una pausa nel meeting di aprile che è iniziato ieri sera e si conclude oggi. Come presisto, l’Eurotower ha tagliato i tassi di 25 punti base per la settima volta da giugno scorso e porta il tasso sui depositi, quello di riferimento, da 2,50% a 2,25%. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali cala da 2,65% a 2,40%, quello sui prestiti marginali da 2,90% a 2,65%.
"L'economia dell'area dell'euro ha acquisito una certa capacità di tenuta agli shock mondiali, ma le prospettive di espansione si sono deteriorate a causa delle crescenti tensioni commerciali. È probabile che la maggiore incertezza riduca la fiducia di famiglie e imprese e che la risposta avversa e volatile dei mercati alle tensioni commerciali determini un inasprimento delle condizioni di finanziamento.
Tali fattori possono gravare ulteriormente sulle prospettive economiche per l'area dell'euro", ha afferma l’Eurotower al termine del consiglio direttivo. La Bce, nel suo comunicato stampa sui tassi d'interesse, ha abbandonato il riferimento alla condizione 'restrittiva' dei tassi d'interesse, una decisione che riflette probabilmente il fatto che i tassi sono ora in area 'neutralè. Nel suo comunicato di marzo la banca centrale spiegava che la politica monetaria diviene sensibilmente meno restrittiva, una formula ora del tutto abbandonata.
D’altronde, le minacce di Trump hanno precipitato gli eventi: il governatore spagnolo José Luis Escrivá vede "alcuni dei peggiori scenari". Gli economisti si attendevano al 99% un settimo taglio dei tassi da 25 punti base domani, in sequenza quasi consecutiva dal giugno scorso. Si scenderebbe al 2,25%, qualcuno non escludeva del tutto neanche un taglio da mezzo punto. La Bce, se fino a un mese fa intendeva fermarsi al 2% neutrale, ora nelle scommesse dei mercati scenderebbe all'1,75% entro l'anno, in area espansiva. Lagarde, per dare un segnale di stabilità di fronte alle incertezze globali, potrebbe lasciar intendere che il 'bazooka monetario' di un taglio da mezzo punto è pronto sul tavolo, anche se usarlo quasi esaurirebbe le cartucce convenzionali. Spiegare meglio in che modo è pronta a utilizzare gli strumenti a sua disposizione ora che l'incertezza sta terremotando i mercati: liquidità?
Acquisti sui bond magari attraverso lo scudo 'Tpì anti-spread, visti i movimenti sugli spread col Btp, ieri sotto 120, finito la scorsa settimana in poche ore oltre 130 punti sopra il bund? Non c'è solo il rischio recessione, c'è anche la caduta del petrolio a circa 60 dollari che toglie rischi inflazionistici. E c'è l'euro che ha preso il volo - oggi torna a guardare agli 1,14 dollari quando una settimana fa era a 1,11 - col dollaro terremotato da Trump: toglie pressioni inflazionistiche dal campo per la Bce, ma se sale troppo si aggiunge ai dazi nel togliere competitività all'export europeo.
E poi ci sono i mercati sull'ottovolante: Lagarde ha segnalato che la stabilità finanziaria è nel radar della Bce in un momento di gravi incertezze. Peraltro, anche il presidente della Fed, Jerome Powell, lancia un duro avvertimento sulle possibili conseguenze dei dazi di Trump sugli Stati Uniti: "Il livello degli aumenti tariffari annunciati finora - ha detto durante un evento all'Economic Club di Chicago, secondo la Cnn - è significativamente maggiore del previsto" e la persistente incertezza sui dazi potrebbe causare danni economici duraturi. Con i dazi di Trump che stanno avviando l'economia verso una crescita più debole, una maggiore disoccupazione e un'inflazione più rapida - tutto allo stesso tempo - la Fed si trova ad affrontare una situazione che non si verificava da circa mezzo secolo.
Rodolfo Ricci