Martedì 14 maggio 2024, ore 14:38

Emergenza migranti

L’Europa piegata ai voleri di Erdogan

E ora la posizione di forza della Turchia è innegabile. Ankara detta i tempi del suo ingresso in Europa, per diventare l’avamposto di sud-est della nuova frontiera esterna dell’Unione europea, che per la prima volta estenderà i suoi confini a un Paese musulmano. La realtà è questa. Il resto sono chiacchiere. E pazienza se il problema della deriva liberticida e del mancato rispetto dei diritti umani nasce con la virata islamista di Erdogan. All’Europa, a questa Europa, va bene pure così. Tutto, pur di liberarsi del fardello di migliaia di disperati, ora che la narrativa è disperatamente cambiata nelle ultime settimane: dalla solidarietà a tutti i costi alla necessità di evitare quantomeno di acuire conflitti sociali ed economici già in atto e ricadute esplosive sulla sicurezza (e che avrebbero inoltre effetti straordinari sul consenso verso i partiti populisti e anti Ue): la rinuncia, dunque, a mettere in campo una politica comune di accoglienza. “La Turchia è un Paese chiave, non perché è senza macchia sui diritti umani - ammette il Frankfurter Allgemeine Zeitung - ma semplicemente per la sua posizione geografica e la sua importanza geopolitica. Naturalmente ciò non vuol dire che dobbiamo farci ricattare dal governo turco, che sta facendo del suo meglio per nascondere tutto sotto il tappeto della realpolitik”. L’Europa “è impotente e divisa - rincara il quotidiano belga De Standaard - e ora sta diventando un giocattolino alla mercè del regime autocratico turco. Il più importante attore economico del mondo mangia dalle mani dal dittatore Erdogan: come può un’Europa così divisa dettare ancora la linea”? E come possono l’Italia, comunque da sempre grande sostenitrice di Ankara nel cammino d’integrazione, e gli altri Stati membri core, gestire un’accelerazione del processo di adesione impressa dall’enorme portata dell’emergenza migratoria degli ultimi 20 mesi, in cui la Turchia può permettersi di sparigliare quanto era stato stabilito nelle scorse settimane, per presentarsi a Bruxelles con un nuovo piano, ovviamente concertato in solitario con la Germania? Più soldi (6 miliardi, dunque, e non più 3) per fare il lavoro sporco, e guadagnarsi un posto nell’Ue senza necessariamente passare per l’impiccio dei diritti umani. E i pugni sul tavolo dell’Italia sulla libertà di stampa (“si tratta di un valore fondamentale dell’Europa”) è un giochino delle parti che lascia il tempo che trova.

(Domani su Conquiste Tabloid l’articolo completo a cura di Pierpaolo Arzilla)

( 8 marzo 2016 )

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