Sabato 25 gennaio 2025, ore 7:58

Francoforte 

La crisi tedesca avvicina il taglio dei tassi della Bce, la Fed frena 

Ormai è diventato un dato consolidato. L'industria tedesca avvicina un nuovo taglio dei tassi da parte della Bce, con un crollo degli ordini che restituisce il centro della scena ai rischi per la crescita, dopo che l'inflazione europea in risalita si era temporaneamente guadagnata i riflettori. Il gap fra i tassi Bce e quelli della Fed rischia così di allargarsi e spinge il cambio euro/dollaro oggi a 1,0273, a un passo da nuovi minimi di tre anni e in corsa verso la parità. Le minute della riunione di dicembre della Fed parlano di "rischi al rialzo per l'inflazione" e preannunciano "più cautela" nel tagliare i tassi nei prossimi mesi. I titoli di Stato Usa, intanto, raccontano il contrario, col treasury decennale schizzato al 4,7% per l'inflazione, la crescita solida e l'elevato debito da emettere. Gli ordini all'industria tedesca, invece, a novembre sono andati a picco a -5,4%, molto peggio del -0,2% atteso.

Pesa la registrazione di alcune commesse di grosse dimensioni senza le quali sarebbe stato +0,2. Ma con un -1,7% su anno i numeri dicono che la recessione industriale in Germania va avanti per il terzo anno consecutivo. E che anche il 2024, come il 2023, potrebbe chiudersi in contrazione per la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina. Numeri da allarme rosso per l'industria europea - anche quella italiana è in negativo da due anni - tanto che la Bce potrebbe scoprirsi in ritardo sul taglio dei tassi: nonostante la crescita dello 0,4% nel terzo trimestre nulla garantisce la tenuta dei servizi che finora hanno compensato la caduta della produzione industriale.

L'export, poi, fa i conti con la 'variabile Trump'. Una gragnuola di dichiarazioni quotidiane a favore dei dazi, con attacchi espliciti contro questo o quel Paese europeo che sta alimentando volatilità e incertezza nelle Borse mondiali. Sulle parole del presidente eletto contro l'eolico crollano le azioni in Borsa di oltre il 6% le società operanti nel settore come Siemens, Orsted, Vestas. La minaccia di dazi universali manda a picco Stellantis con un -4,38%. Vola, invece, la difesa - come Rheinmetall, +5% - sulle richieste di spesa di Trump ai partner Nato. Un antipasto del secondo mandato di Trump che potrebbe costringere la Bce ad essere più decisa nel ridurre i tassi. Sperando che l'inflazione risalita al 2,4% a dicembre sia stata solo una brutta parentesi, e che i prezzi energetici che l'hanno sospinta al rialzo non subiscano ulteriori impennate.

Però l’inflazione annuale nella zona Ocse è rimasta stabile al 4,5 % a novembre 2024 rispetto ad ottobre: è la conferma è arrivata dalla stessa Ocse in una nota. Nel G7, precisa l'organismo internazionale con sede a Parigi, l'inflazione è cresciuta al 2,6% di novembre dopo il 2,3% di ottobre, con aumenti in Giappone, Italia, Regno Unito e Germania. In Italia, l'inflazione è cresciuta all'1,3% a novembre, contro lo 0,9% di ottobre. Quindi all’Eurotower per ora, le attese puntano decise su un nuovo taglio da un quarto di punto al meeting Bce del 30 gennaio e a quello di marzo. Più incerte le scommesse sui mesi successivi: la riduzione di un punto pieno rispetto al 3% attuale, fino a poche settimane fa attesa per giugno, è data soltanto a settembre in base ai tassi impliciti dei contratti swap. Le promesse fiscali di Trump e i dazi, entrambi con effetti inflattivi, rischiano così di tenere alta la guardia della Fed. Con un gap fra i tassi nelle due sponde dell'Atlantico che rischia di essere il vero limite a quanto potrà scendere la Bce.

Rodolfo Ricci

( 9 gennaio 2025 )

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