Martedì 23 aprile 2024, ore 10:29

Bruxelles 

Patto di stabilità: Berlino vuole tagli del debito di un punto l’anno 

Il confronto-scontro tra le capitali sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita dell' Ue è destinato a concentrarsi sul ritmo di riduzione del debito pubblico. Con un attacco diretto dei 'falchi' della Germania ai Paesi più indebitati come l'Italia, per i quali ipotizza l'obbligo di tagliare dell'1% annuo il rapporto tra il debito e il Prodotto interno lordo (Pil). L'idea inziale della Commissione europea era di superare con le nuove regole economiche per gli Stati membri i tanti e complessi criteri attuali, guardando solo all'indicatore della spesa in piani quadriennali (estendibili a sette anni), concordati tenendo conto dell'analisi sulla sostenibilità del debito.

Macché. Gran parte dei criteri che l'esecutivo voleva far uscire dalla porta per Berlino dovrà rientrare dalla finestra, in un florilegio di paletti sui conti pubblici. Secondo un documento inviato dalla Germania all'esecutivo europeo e alle altre cancellerie, infatti, guardare solo a spesa e all'indicatore della sostenibilità non basta per avere criteri quantitativi comuni, certi e misurabili. Perché scenda il deficit, si sostiene innanzitutto, la spesa deve crescere più lentamente del Pil, o più precisamente della crescita potenziale (è corretta dalla componente ciclica, anche se il calcolo è complesso e assai controverso). Per Berlino la differenza tra crescita potenziale e la crescita della spesa (spesa primaria netta, escluse entrate una tantum, interessi o spese per disoccupazione), ovvero il 'margine di convergenza', dovrà essere nelle nuove regole come minimo dell'1% per gli Stati più indebitati.

E non basta ancora. Il saldo strutturale (il saldo del bilancio pubblico senza entrate o uscite imputabili al ciclo economico) "tra -0,5% e -1% del Pil". Oltre a ciò Berlino chiede comunque di garantire "una riduzione concreta del rapporto debito/pil" con una "disposizione di salvaguardia e un calo minimo vincolante ogni anno". "Come limite minimo, si potrebbe prevedere ad esempio, che il rapporto debito/pil debba diminuire di almeno 1 punto percentuale all'anno per gli Stati membri con un debito elevato", afferma la Germania, chiedendo anche di mantenere invariata la procedura per disavanzo eccessivo. La scorsa settimana la Commissione aveva ipotizzato in un incontro a livello di sherpa un criterio di riduzione del debito dello 0,5% annuo per quanti sfondano il tetto del 3% del deficit/Pil. Aveva previsto una clausola di non differimento che obblighi all'aggiustamento dei conti già nei primi quattro anni di piano. E quanto al debito aveva parlato di un calo nell'orizzonte dei 4 anni per quanti sfondano il 60% del Pil.

Evidentemente, troppo poco per Berlino. L'impegno raggiunto al consiglio Ecofin di metà marzo è di arrivare alla revisione della governance economica europea entro fine anno, quando torneranno in vigore le attuali regole sospese all'inizio della pandemia con la clausola di salvaguardia. Dopo la prima comunicazione a novembre, il Berlaymont dovrebbe presentare la proposta legislativa sulla revisione del Patto a fine mese, e anche se non c'è una data si guarda alla riunione del collegio del 26 aprile, nella settimana di un Ecofin informale a Stoccolma (29-30 aprile) che sembra destinato ad essere piuttosto vivace.

Nel frattempo il presidente francese Emmanuel Macron "conta" sulla Cina e sul suo leader Xi Jinping per "riportare la Russia alla ragione" e su colloqui di pace "il prima possibile". Mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, incoraggiando un contatto diretto con il presidente Volodymyr Zelensky, ha riferito che "è stato interessante sentire che il presidente Xi ha ribadito la sua disponibilità a parlare con lui quando le condizioni saranno opportune", così come hanno riferito anche fonti francesi. Il rompicapo cinese non è stato risolto dalla coppia europea Macron-von der Leyen nell'inedita missione congiunta a Pechino, ma ha chiarito cosa l'Ue non accetterà nella crisi ucraina: l'uso di ordigni nucleari (apprensione per gli sviluppi in Bielorussia) ed eventuali spedizioni di armi dalla Cina alla Russia, che "nuocerebbero significativamente" ai rapporti tra Bruxelles e Pechino perché "assistere un aggressore sarebbe contrario al diritto internazionale".

Da Mosca, tuttavia, pur dando a Pechino "un potenziale di mediazione molto efficace e impressionante", il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha stroncato ogni ipotesi negoziale definendo "la situazione con l'Ucraina ancora difficile: per ora non ci sono prospettive per una soluzione pacifica". Dopo aver accolto Macron con tutti gli onori in Piazza Tienanmen tra un labirinto di tappeti rossi, nell'incontro con i media nella Grande sala del popolo Xi si è affidato alle formule già note del documento di 12 punti di fine febbraio sulla proposta cinese per una soluzione politica alla crisi ucraina. Su tutti, la promozione dei "colloqui di pace" tra le parti da avviare quanto prima e la disponibilità a collaborare con la Francia (e altri Paesi) perché la comunità internazionale "tenga una moderazione razionale" contro azioni che aggravino la crisi o "la portino fuori controllo".

Rodolfo Ricci

( 7 aprile 2023 )

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